Sì, dell’impresa di Torino resta soprattutto un istante. Quel lungo, interminabile, ostinato tentativo di Semih Kilicsoy di diventare famoso. Di comunicare all’Italia del pallone, con quella corsa caracollante da un capo all’altro del prato, che qui, in quest’isola che forse nemmeno sapeva esistesse, c’è un posto anche per lui. E che tutte le tv del mondo, non solo a Gaziosmpasa dove è nato vent’anni fa nel giorno di Ferragosto, faranno vedere di cosa è capace.

Del gelido pomeriggio al “Grande Torino” stiamo ricordando il gol del successo, le poche parole del ragazzo turco, la sua incessante lista di persone da ringraziare. Ma c’è dell’altro e il tifoso lo sa. Ci sono altre piacevoli passioni da collocare in copertina, come l’attaccamento al progetto e alla maglia di un ragazzo d’acciaio di San Gavino, che di mestiere non fa il calciatore professionista ma il capitano. E che ha imparato a rispondere alla valanga gratuita di critiche alzando costantemente l’asticella, o cambiando ruolo se occorre.

In copertina anche le parate solo apparentemente facili di un colosso che fa cose impossibili e poi sorride, comunicando ai compagni il suo “tranquilli, voi fate il vostro che qui dietro ci sono io”. E così, in poco più di novanta minuti si può dimenticare il mezzo scivolone col Pisa, perché il calcio – e non solo lo sport – è così: stasera sei un fenomeno, domani un asino, poi la ruota ricomincia a girare. Però vincere a Torino, contro una squadra lanciata e contestata in egual misura, è stato bellissimo. Un’impresa speciale.

Perché certe rimonte ripagano del viaggio interminabile (e costoso) il tifoso isolano, e con lui anche quelli che si mettono in macchina dalla mattina magari dal Veneto, dalla Toscana, con la maglia del Cagliari sopra il giaccone. Mettici anche il Natale passato da poche ore, ma tornare a casa con una vittoria così limpida diventa il regalo in più, quello che non ti aspettavi.

C’è un pool di senatori che in queste imprese targate Cagliari ci ha messo la firma, la faccia e anche altro in questi ultimi anni. Gente come Pisacane, Deiola, Pavoletti, Zappa, Obert e Luvumbo continua a scrivere pagine di storia del Cagliari, penetrando, alcuni per sempre, nel cuore dei sostenitori. In una squadra speciale, perché la Sardegna non è un luogo come tanti altri, sono proprio loro a custodire la tradizione, a far capire cosa c’è oltre la maglia. Alcuni sono ancora giovanissimi, altri – come Pavoletti – “sono” il Cagliari. Pronti a regalare altre imprese speciali, come quella di Torino.

Enrico Pilia

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