Trump e i veri obiettivi: l’editoriale del 10 dicembre 2025
Di Alessandro AresuDonald Trump non perde occasione per attaccare l’Ue e Zelensky (anche ieri ha definito il leader ucraino «un piazzista da circo Barnum»). Eppure, non sembri paradossale dirlo, Europa e Ucraina nella strategia del presidente Usa sono temi secondari rispetto alle Americhe.
Così, ad esempio, per capire gli attacchi degli Stati Uniti alle navi dei narcotrafficanti e le minacce di guerra col Venezuela, bisogna approfondire alcuni concetti del passato che sono tornati in voga dalle parti della Casa Bianca. Per esempio, è essenziale capire la dottrina Monroe, un principio enunciato più di due secoli fa dall’allora presidente, appunto James Monroe, secondo cui le potenze europee non dovevano più interferire nel continente americano. Quello era il luogo del dominio degli Stati Uniti, che si trovavano ancora agli inizi della loro storia.
Nell’ultima Strategia di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, appena pubblicata, si dice in modo esplicito: “Dopo anni di abbandono, gli Stati Uniti riaffermeranno e applicheranno la Dottrina Monroe per ripristinare la preminenza americana nell’emisfero occidentale”.
Secondo questo documento ufficiale, esiste un vero e proprio corollario di Trump alla dottrina Monroe: impedire ai concorrenti di possedere o controllare risorse in un emisfero che gli Stati Uniti considerano loro.
In questo schema, i regimi più ostili agli Stati Uniti nell’emisfero, come Cuba o Venezuela, vanno indeboliti o abbattuti tramite sanzioni e minacce di forza militare. Il Venezuela impoverito di Maduro in ciò ha un ruolo di primo piano, anche per i rapporti militari con la Russia.
Il principale rivale globale degli Stati Uniti, la Cina, ha ormai un enorme potere politico ed economico in America Latina, essendo primo partner commerciale di molti Stati. Maduro ha pubblicamente esibito uno smartphone Huawei regalatogli dal Presidente cinese Xi Jinping, rivendicandone con orgoglio l’inviolabilità da parte delle agenzie di spionaggio degli Stati Uniti come simbolo di sovranità tecnologica e di indipendenza da Washington.
Per la nuova dottrina Trump, questo è chiaramente uno stato delle cose da cambiare, e siccome riguarda il continente americano, sta in una scala di priorità ben più alta rispetto a ciò che accade in Europa.
Gli Stati Uniti hanno così rafforzato la loro pressione sul piano militare. Hanno tra l’altro dispiegato al largo delle coste del Venezuela la Gerald R. Ford, la più grande portaerei del mondo con circa 5.000 marines a bordo. L’operazione militare prevede anche il dispiegamento di nove cacciatorpediniere, un sottomarino nucleare e la riattivazione di basi militari statunitensi a Porto Rico, El Salvador, Cuba e Honduras, dando corpo alla più massiccia presenza militare di Washington nei Caraibi dalla crisi dei missili del 1962.
L’obiettivo dichiarato di questa escalation e degli attacchi tramite droni in acque internazionali è quello di rimuovere i narcoterroristi. Dietro c’è senz’altro l’obiettivo più ampio di un cambio di regime a Caracas.
Il regime di Maduro ha condannato le azioni e le minacce degli Stati Uniti, parlando di una strategia neocolonialista. Anche Paesi come Gran Bretagna e Canada hanno manifestato forte opposizione, mentre negli Stati Uniti il rischio di una guerra col Venezuela è entrato nella polemica politica interna tra democratici e repubblicani.
La strategia aggressiva di Trump in America Latina ha ottenuto comunque alcuni risultati, tra cui il ripensamento delle relazioni di Panama con la Cina, la maggiore aggressività del Messico contro i cartelli della droga, il rapporto privilegiato con l’Argentina. Eppure, si corre il rischio di tirare troppo la corda con i vari partner regionali necessari per mantenere un equilibrio di potere favorevole.
Nel mentre, la Cina continua a utilizzare le mosse di Trump per rafforzare il suo classico argomento secondo cui gli Stati Uniti non sono affidabili, sempre con l’obiettivo di aumentare la propria influenza economica, ma anche politica, nel “cortile di casa” americano. Ed è pronta ad applicare questa strategia anche all’evoluzione dello scenario del Venezuela.
Alessandro Aresu
Consigliere scientifico di Limes