I l tramonto del Movimento Cinque Stelle, la debolezza del Pd, la sostanziale affermazione del centrodestra. Il voto di domenica e lunedì scorsi nei 156 Comuni sardi, chiamati a eleggere i sindaci, ha detto questo. Ma ha detto anche che ai cittadini piace la continuità. Una tendenza opposta a quella che si registra da tempo a livello regionale.

Da quando esiste l'elezione diretta del governatore, si è ripetuta l'alternanza tra i due poli: Renato Soru (centrosinistra) nel 2004, Ugo Cappellacci (centrodestra) nel 2009; Francesco Pigliaru (centrosinistra) nel 2014; Christian Solinas (centrodestra) nel 2019.

Un chiaro segnale degli elettori che hanno sistematicamente bocciato il presidente e la giunta uscenti. Incapaci di risolvere gli annosi problemi dei trasporti, della grande industria e della sanità (la cui fragilità è stata drammaticamente messa a nudo dalla pandemia di Covid-19), coloro che detenevano le leve del comando sono stati puniti dagli elettori, mossi dalla speranza che cambiasse qualcosa.

Un atteggiamento che non si riscontra quando a presentarsi al giudizio degli elettori sono i sindaci. Il 25 e 26 ottobre i cittadini hanno scelto la continuità. Hanno premiato i primi cittadini uscenti di Sestu, Monastir, Guspini, Tempio, tanto per fare qualche esempio, e anche di Nuoro, nonostante Andrea Soddu debba affrontare l'insidia del ballottaggio. Non così a Quartu e Porto Torres, ma per motivi diversi.

D elunas ha guidato la più fallimentare giunta che si ricordi (eletto per il centrosinistra ha governato con una maggioranza di centrodestra) e ha avuto il buon gusto di farsi subito da parte per evitare un'inevitabile scoppola. Wheeler a Porto Torres è rimasto vittima del tracollo dei pentastellati. Il fenomeno grillino è ormai al tramonto. Il Movimento ha raccolto il classico voto di protesta (a Quartu, giusto per dire, alle ultime Politiche ha raggiunto il 40%), così come nel passato avevano fatto l'Uomo Qualunque di Giannini e il Partito radicale di Pannella. Ma sono fenomeni passeggeri, pacchetti di voti fluttuanti di chi ce l'ha a morte (non senza ragione) con una classe politica sempre più impreparata e incapace di ammodernare il Paese con riforme coraggiose. I Cinquestelle hanno dilapidato il loro patrimonio di voti perché sono stati incapaci di strutturarsi e di sottrarsi ai perfidi giochi di potere romani che, alla fine, travolgono tutti, anche i più puri d'animo. In nessun Comune il M5S è entrato in competizione.

Se i grillini stanno male non è che il Pd (o meglio il centrosinistra) goda di buona salute. Diviso, litigioso, impalpabile persino nel fare l'opposizione a Solinas, ha perso dappertutto: a Quartu, a Nuoro e a Porto Torres, battuto non solo dal centrodestra ma anche da poli civici di ispirazione democratica, come quello di Andrea Soddu e Graziano Milia. Ora il Pd, sbattuto fuori dalla porta del primo turno, cercherà di rientrare dalla finestra dei ballottaggi, considerando che sia Soddu che Milia (soprattutto il secondo, impegnato a rimontare otto punti di svantaggio su Christian Stevelli) hanno bisogno del pacchetto di voti piddini per spuntarla.

Il centrodestra non sfonda ma sembra in forma. «L'unità paga», hanno commentato a caldo Lega e Fratelli d'Italia. Sembra che sia così. Ma chi può esultare è il Psd'Az. Stevelli a Quartu ha messo a segno un exploit. È vero, godeva dell'appoggio di ben dieci liste e di simboli forti, come quelli di Meloni e Salvini, che hanno forte presa sull'elettorato di centrodestra. Però, il suo 44% è rilevante, se si considera che Milia è un personaggio politico di primo piano, ex sindaco (peraltro apprezzatissimo) ed ex presidente della Provincia.

A Porto Torres, Pantaleo è in fuga verso il ballottaggio e il Psd'Az in quella che era la capitale industriale dell'Isola (mentre adesso è un deposito di ciminiere arrugginite) è il primo partito con il 16%. Due fatti che dovrebbe tenere presente chi ha parlato di “abbraccio mortale” con la Lega.

In chiusura una proiezione, forse arbitraria ma non è questa la sede di analisi scientifiche del voto, a livello nazionale. Con il M5S in corsa verso un forse irreversibile ridimensionamento e il Pd che annaspa, il sospetto è che la maggioranza di Governo in realtà non sia più una maggioranza. “L'avvocato degli italiani” si è abilmente tenuto in equilibrio nel passaggio da uno schieramento all'altro ma senza sottoporsi alle forche caudine del voto. Oltre che dal centrodestra (come è comprensibile), in questi giorni si stanno levando da più parti le richieste di costituire un governo di unità nazionale che affronti la delicata fase della pandemia, magari con meno confusione (l'ultimo Dpcm ha scatenato proteste generalizzate e distinguo di ogni genere), e porti l'Italia al voto. Sarebbe un segnale di chiarezza in un panorama politico reso confuso dalla ricorrente diatriba sulla legge elettorale e dai giochi di potere che mandano a Palazzo Chigi avvocati degli italiani ma non premier scelti dagli italiani.

IVAN PAONE
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