D a un po’ di tempo a questa parte, gli interventi pubblici in economia (i piani di sviluppo, gli aiuti all’innovazione, i sostegni per la ripresa, ecc.), paiono essere sempre più privi di anima, cioè assai inefficaci e distanti dalla realizzazione di una più giusta ed equilibrata configurazione sociale del Paese. Si limitano infatti a distribuire a pioggia contributi e benefici, oltre a consentire più rendite che profitti. In effetti, con il mettere in circolazione solo e soprattutto molta moneta, continuano a fallire nell’opera di ricucitura dei troppi strappi di una società divenuta molto fragile e diseguale.

E ciò sia socialmente che ambientalmente. Questo giudizio così severo lo di deve al professor Fabrizio Barca, economista di vaglia ed ex ministro nel governo Monti. In esso, a mio giudizio, si compendiano tutte le attuali carenze e sfasature che influiscono negativamente sull’efficienza e sull’efficacia degli interventi pubblici a favore della ripresa economica. Si è infatti di fronte all’inadeguatezza delle decisioni politiche in economia, o, meglio, ad una loro dannosa eterogenesi dei fini: più aiuti corporativi = meno benefici generali.

Molti segnali infatti confermano la sterilità di troppi interventi, come si riscontra anche qui in Sardegna, analizzando le gestioni regionali degli aiuti europei, delle risorse del Pnrr, e delle diverse leggi di sostegno e ristoro. Il risultano porta a dover fare i conti con un insieme di provvedimenti privi d’ogni finalità per una rinnovata, più solida e meno diseguale, “nuova idea di Sardegna”. Non a caso i benefici sociali, in rapporto alle erogazioni di contributi, come effettuati nell’ultimo decennio, sono andati sempre più calando vistosamente. E questo sia riguardo il Pil che sull’occupazione.

Si tratta di una negatività che va attribuita in gran parte a quel continuare a programmare provvedimenti privi d’anima, cioè fini a sé stessi, indirizzati soltanto a distribuire perlopiù aiuti corporativi e clientelari, anziché promuovere la crescita dell’economia in modo generale e diffuso. Determinando così maggiori squilibri ambientali e più profonde diseguaglianze sociali.

Come porvi rimedio? Rispondere non è facile perché presupporrebbe la presenza, qui nell’isola, di un orientamento politico – supportato da valide competenze tecniche – verso lo sviluppo, e non soltanto verso la distribuzione di benefici e favori, in poltrone, poltroncine, cadiras e banchittus, per i propri clientes.

Proprio la diffusione di queste transazioni clientelari ha progressivamente generato una sorta di incesto tra sistema politico e sistema economico, attuato attraverso la sistematica conversione del potere politico in un vero e proprio potere economico. Ciò ha portato all’emergere di quello che potrebbe definirsi “capitalismo politico”, ossia una forma deviata di organizzazione economica che si avvale delle «istituzioni pubbliche locali e regionali come sostenitrici di attività economiche che non si reggono sulla capacità di competizione pacifica nel mercato economico, ma sull’uso di risorse e di aiuti pubblici (concessioni, appalti, sussidi)», come ha sostenuto Carlo Trigilia, in un suo recente saggio. E di cui, purtroppo, anche qui in Sardegna se ne vanno verificando le nefaste conseguenze.

Al riguardo, proprio a differenza delle normali transazioni di mercato che generano un profitto che tende ad accrescere ed a diffondere un benessere generale, le transazioni clientelari favoriscono solo rendite di posizione che riducono la capacità del sistema economico di incrementare e di distribuirne equamente i benefici sociali. Determinando così, e sempre più, l’espansione di rendite parassitarie, con «il ricorrente ricorso alla sistematica ricerca di protezione da parte del patrono politico di turno», come ha aggiunto ancora Trigilia.

Ora, mentre l’assetto istituzionale del capitalismo di mercato spinge a ricercare ed a creare occasioni lecite di guadagno attraverso la competitività tra imprese, l’assetto istituzionale tipico del capitalismo politico tende ad orientarsi verso la sistematica ricerca di favoritismi clientelari e di rendite parassitarie. Proprio quel vizio d’anima, come ricordato da Barca, contamina ed isterilisce, da subdolo virus nocivo, ogni intervento a favore d’una equilibrata e rapida ripresa anche qui nell’isola, deviandone gli effetti a favore di un’economia fondata sempre più sulle rendite da politica e non sui profitti d’impresa, come invece dovrebbe.

Storico e scrittore

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