E adesso che è finita, che quel volto scavato e quegli occhi azzurri come la maglia della Nazionale non hanno più luce, resta tutto di te. Le parole nello spogliatoio prima della vittoria di Wembley, i gol, le coppe alzate al cielo e le sconfitte, brucianti, da portarsi dentro ben custodite. Gianluca Vialli, classe 1964, professione persona perbene, volevi evitare a tua madre quest’uscita di scena così terribile.

Ci hai provato, hai lottato, non ti sei arreso. Avevi l’età di chi è maturo oggi ma che è sempre stato un po’ in ritardo o in anticipo. Perché eri un bambino nel ’68 e troppo giovane negli anni di piombo e per la febbre del sabato sera, avevi diciott’anni quando impazzivi per Paolo Rossi e poi Pablito saresti diventato tu. E poi è venuto il tuo momento, la tua storia, il tuo film con questo finale imprevisto. Ma ci hai voluto accompagnare fino a oggi, col tuo sorriso e la certezza di aver seminato bene. Eccome se hai seminato bene.

Addio, arrivederci Gianluca. Sei stato e resterai una bella fetta di calcio e di vita, l’invidiabile bellezza della vita da sogno, da Cremona a Londra passando per Genova e Torino. L’infanzia nella tenuta di famiglia, il salto dal giardino di casa allo stadio di Cremona, poi la Sampdoria e il legame con l’altro ragazzo del ’64, Roberto Mancini, a scrivere le pagine più belle del calcio del XX secolo. Poi la Juve, i successi, l’amore che stava arrivando, lo hai conosciuto a Londra e che ti ha dato la forza di arrivare alla fine del viaggio.

Le lacrime sono un’esigenza, oggi, perché non sembra vero, non è possibile che gli eroi giovani, belli e vincenti possano anche perdere. Lo abbiamo capito con Rossi e Maradona, oggi c’è questa seccatura di dirti addio dopo averlo fatto con Mihajlovic, O’Neill e Pelè, gente di campo, profili che resteranno un bel po’ nella nostra testa. Ma tu sei stato piacevolmente trasversale. Era impossibile fischiarti, anche per il tifoso avversario più becero. E sai quanti ce ne sono, di cretini, negli stadi, eppure tu sei sempre stato il Calciatore, la figurina più rispettata e ci perdonino gli altri. Facile, oggi, dire che non dicevi mai una parola fuori posto, che sei sempre stato educato, anche nel pieno delle battaglie di campo, quando la tensione fa perdere la ragione. Il giusto profilo in un pianeta di svalvolati dall’ego ipertrofico. Sei stato gentile a darci tutto questo. Si chiama “esempio” uno come te. Uno che resta, per fortuna. Ed è stato un privilegio, per noi italiani, aver avuto Vialli nel cuore e sui campi di calcio.

Maggio 2021, poche settimane prima dell’Europeo vinto dalla tua Nazionale, a Wembley. Eri assorto su un divano, al Forte Village. Non eri in forma, ma sorridevi a tutti. Perché sapevi che quello era esattamente il posto dove saresti voluto essere. C’era Chiellini che rispondeva alle solite nostre domande, chi vincerà, chi sarà il migliore, bla bla, una barba tremenda. Tu guardavi lui, guardavi noi, poi hai girato la faccia verso il mare. Azzurro. Chissà se hai pensato che quello poteva essere il tuo ultimo viaggio con l’Italia di Mancini. Adesso vai, Vialli Gianluca di anni 58, sarai per sempre un ragazzo gentile.

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