F ra alcuni mesi saremo chiamati ad eleggere il nuovo Consiglio regionale, l’organo politico e amministrativo della nostra regione. Niente, nelle democrazie liberali, è più importante del chiedere a noi elettori da chi vogliamo essere guidati e amministrati nei prossimi anni. Noi elettori vorremmo esprimere un voto non solo per un candidato o per la coalizione in cui si presenta, ma soprattutto per un progetto che abbia un lungo respiro possibilmente condiviso nella sua realizzazione. Ma non possiamo fare a meno di volgere lo sguardo al mondo che ci circonda perché con esso dobbiamo fare i conti.

I l mondo si sta dividendo in due parti. Da un lato tutte le democrazie liberali e dall’altro i regimi nei quali non sono i cittadini a decidere chi deve governarli, ma soprattutto sono soffocate la libertà di pensiero, di associazione, di impresa mentre il libero pensiero di critica e di opinione è punito severamente. Quindi il nostro futuro dipende essenzialmente dalle nostre capacità di costruirlo. Abbiamo bisogno di ripartire, non dalle promesse dei candidati, ma dagli obbiettivi che vogliamo sostenere e conseguire. Potremo chiamarli strutturali attorno ai quali creare sviluppo, partecipazione e benessere.

La base per lo sviluppo della nostra società deve basarsi soprattutto su quattro punti essenziali: ambiente, denatalità, abbandono scolastico, sanità. Ed ancora futuro e speranza. Ambiente: la nostra regione con 24 mila km² e 68 abitanti/km² ha un reddito di circa 20 mila euro che è meno della metà di quello delle regioni più ricche. Proprio queste condizioni possono essere una chiave di sviluppo. Infatti non serve lamentarsi dei 56000 ettari ridotti a discariche inquinanti. Fortunatamente sono solo il 2,5% del nostro territorio. 560 km2. Dobbiamo puntare a rendere la maggior parte del nostro territorio, il restante 97,5 % produttiva, ricca. Ci servirebbe una fiorente industria agro-alimentare. Se superiamo la rendita parassitaria e l’invidia possiamo farcela.

Ma attenzione non dobbiamo dimenticare il dato riferibile a decessi causati dall’inquinamento atmosferico. In Italia si registra un dato di 40,8 decessi per 100.000 abitanti ben al di sopra della media Ocse di 28,9. Nell’agglomerato di Cagliari, il carico emissivo è abbastanza elevato per la maggior parte degli inquinanti, ma manca una visione che limiti il flusso continuo delle auto. Ma come si può cambiare la nostra società se non vogliamo fare più figli e l’abbandono scolastico esprime purtroppo la mancanza di un’idea di futuro? E poi la sanità, madre di tutte le vittorie elettorali di questi ultimi 20 anni e foriera di consensi in nome del cambiamento promesso. Il grido di sofferenza dei cittadini che da ogni angolo della nostra regione hanno fatto sentire la loro voce è rimasto inascoltato. La privatizzazione della sanità è ormai un fatto compiuto. Ma non è migliorata la qualità degli ospedali.

Può una piccola regione come la nostra puntare ad una sanità e ad ospedali migliori dato che spendiamo più del 40% del bilancio regionale? Guardiamo alla regione Marche: quasi lo stesso numero di abitanti, stesso reddito medio. Da Agenas nel suo report annuale “esiti” che valuta la qualità di alcuni obiettivi clinici degli ospedali, abbiamo appreso che fra i migliori 18 ospedali italiani uno è delle Marche. Per prendere le parole di un grande e giovane presidente, John Fitgerald Kennedy, anche noi dobbiamo immaginare un nostro futuro, ma plasmandolo con le nostre speranze razionali e non con le chiacchiere che spesso sono parole al vento.

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