Le prime notizie che filtrano dal Santissima Trinità di Cagliari sono rassicuranti: il pensionato di Arbus contagiato dal colera è in rapida ripresa e soprattutto il caso appare finora isolato. Nessuna delle persone entrate in contatto con l’uomo - a partire dai suoi familiari - ha manifestato i sintomi della malattia. Non c’è da spaventarsi ma bisogna andare subito alla radice: perché il colera si è riaffacciato in Sardegna dopo tanti anni?

Dalle prime ricostruzioni l’anziano paziente ricoverato a Cagliari non si sarebbe mai mosso dal luogo di residenza, facendo quindi cadere l’ipotesi di un contagio oltremare, lontano dall’Isola. Per questo è fondamentale che le autorità sanitarie ricostruiscano il più in fretta possibile quali siano stati i suoi contatti, i suoi spostamenti, cos’abbia mangiato o bevuto. La sensazione è che il vibrione del colera non abbia fatto molta strada e che il protocollo di emergenza abbia limitato tutte le potenzialità infettive. Colpisce però il ritorno in vita di una malattia che sembrava ormai cancellata alle nostre latitudini. Chi è in là con gli anni ricorderà l’allarme scattato a Cagliari propro cinquant’anni fa, nell’estate del 1973, quando il caso di un pescatore di arselle scatenò psicosi, restrizioni e vaccinazioni di massa. Siamo lontanissimi da quegli scenari, ingigantiti peraltro dalle notizie che arrivavano dalla Campania e dalla Puglia, dove l’epidemia aveva provocato alcuni morti. Nel frattempo il colera è diventato sempre più curabile, le terapie antibiotiche riducono al minimo le complicazioni legate soprattutto alla rapidissima disidratazione. Resta l’effetto smarrimento davanti a una malattia quasi sbiadita nel tempo ma con un nome sempre minaccioso. È importante che le autorità competenti siano chiare e trasparenti sul contagio di Arbus. Così i cittadini e i tanti turisti che in questi giorni affollano la Sardegna potranno stare tranquilli

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