S top alle auto (nuove) a benzina e diesel dal 2035, così ha deciso l’Eurocamera il giorno di San Valentino. Al di là delle implicazioni del provvedimento per l’Europa nell’attuale contesto geopolitico mondiale, sulle quali non si vuole entrare oggi, le nuove norme ci ricordano che siamo nel viaggio della transizione, energetica, anzitutto, ma che rientra nel processo più ampio verso un mondo più sostenibile. Un viaggio verso uno sviluppo futuro dell’economia che sia in grado di soddisfare i bisogni di oggi, senza però compromettere le generazioni di domani.

E le generazioni di domani sono i nostri figli e noi oramai vecchi e improduttivi. La transizione non è quindi solo energetica, ma anche ambientale e sociale. Un elemento che dovrebbe essere chiaro in questo viaggio verso la sostenibilità, è che più siamo lenti nel cambiare, maggiore è il rischio di trovarsi a un punto di non ritorno, che implicherebbe scelte di cambiamento repentine, eccessivamente costose per tutta l’economia. E questo non possiamo permettercelo.

Vi sono due leve che possono agire da “freno” oppure da “acceleratore” del viaggio della transizione. La prima leva riguarda come noi consumatori ci approcciamo al processo di cambiamento. Se abbiamo un comportamento inerzioso, ad esempio, continuando a pensare solo ed esclusivamente alla situazione attuale, se il riciclo è incombenza fastidiosa possibilmente da evitare, se risparmiare (in senso lato) è desueto, se continuiamo a pensare solo all’oggi perché il domani è troppo lontano, stiamo pigiando il freno della transizione. Non stiamo stimolando il mercato a creare le innovazioni che servono.

Un’altra leva molto importante riguarda il costo della sostenibilità. La transizione è costosa e ha bisogno di risorse finanziarie adeguate. Senza, la transizione non va avanti. Possono arrivare dal pubblico, soprattutto, per incentivare, innescare, promuovere i processi verso orizzonti green. La recente comunicazione della Commissione Europea del 1° febbraio si muove in questa direzione (A green deal industrial plan for the net-zero age). La comunicazione nasce in risposta al massiccio piano di aiuti e sussidi di Stato del governo americano per aumentare la competitività delle imprese americane nella transizione di 370 miliardi di dollari (Inflation Reduction Act – IRA). L’intento del nuovo piano della Commissione è quello di sostenere la competitività dell’industria europea nella produzione di prodotti ed energia a zero emissione. La Commissione ha previsto un contesto normativo semplificato e maggiore flessibilità nella concessione degli aiuti.

Il pubblico non può, e non deve, fare tutto. Occorre canalizzare anche i fondi privati verso gli obiettivi di sostenibilità. Oggi è sempre più vivo l’interesse di molti investitori verso attività sostenibili. Si tratta di finanziatori che vogliono investire i loro soldi non solo per avere un ritorno finanziario, ma anche per generare un impatto positivo nell’ambiente e nella società. Siamo nel campo della “finanza di impatto” dove i capitali privati e pubblici si fondono, dove soggetti pubblici, amministrazioni, fondazioni, banche e imprese si stringono la mano e finanziano progetti che possono avere degli impatti non solo finanziari ma anche ambientali e sociali; così come sono i progetti per la sostenibilità.

La finanza di impatto è un nuovo modo di fare finanza, una nuova opportunità per dare “gambe finanziarie” alla transizione verso la sostenibilità delle economie. Si tratta di fenomeni emergenti e funzionanti in svariati Paesi che possono essere riproposte, cum grano salis, anche nella nostra Regione.

La Regione Sa rdegna tempo addietro ha costituito uno dei primi fondi per la finanza di impatto in Italia (Fondo Social Impact Investing, con scopi di sostegno sociale). Siamo stati dei pionieri nell’intuire l’importanza della costituzione del fondo, ma non altrettanto nel suo disegno e soprattutto nel farlo funzionare. E probabilmente su questi aspetti occorre fermarci un attimo, riflettere su quali siano le lezioni che abbiamo imparato e su come potremmo riproporre la finanza di impatto con successo. Propositi sfidanti ma certamente auspicabili.

Università di Cagliari

© Riproduzione riservata