R ecentemente, il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner ha messo in discussione l’impegno del suo stesso governo, fatto proprio dalla Commissione europea, per l’eliminazione graduale entro il 2030 dell’utilizzo del carbone in Germania. In un’intervista il ministro ha esplicitato la sua opposizione rispetto al piano vigente nell’Ue, rinnegando altresì l’impegno formale già assunto in passato dal suo stesso governo, «perché gli sforzi della Germania non hanno senso se gli altri Paesi dell’Ue sono liberi di aumentare le emissioni come previsto dalle attuali regole europee».

C ome noto, infatti, queste prevedono un mercato delle “quote d’inquinamento”, ovvero che un Paese possa inquinare di più se compra quote d’inquinamento dai Paesi più virtuosi, di modo che le emissioni totali a livello europeo non aumentino. La pubblica denuncia da parte di Lindner della mossa del suo stesso governo di anticipare dal 2038 al 2030 la fuoriuscita dal carbone ha gettato un’ombra sul sistema di “scambio di emissioni” dell’Ue, noto come ETS (dall'inglese Emission Trading System, ovvero sistema di compravendita delle emissioni). Questo sistema, che mette in pratica il principio del “chi inquina paga”, obbliga più di 11.000 centrali elettriche e fabbriche europee a richiedere (a pagamento) un permesso per ogni tonnellata di CO2 (anidride carbonica) che emettono. Questo è un chiaro incentivo a inquinare meno: meno si inquina, infatti, meno si paga. Le industrie devono comprare queste quote d’inquinamento attraverso un sistema di aste.

Sebbene sia il terzo produttore al mondo di anidride carbonica, l’Ue ha dunque un obiettivo ambizioso per prevenire i cambiamenti climatici: ridurre in modo sostanziale le proprie emissioni entro il 2030 e raggiungere l'obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050. Il sistema di scambio delle emissioni ETS è uno degli strumenti messi a punto per raggiungere questo obiettivo. La riforma del sistema di scambio delle emissioni si colloca nell’ambito del Green Deal europeo (patto verde europeo), che punta a una riduzione del 62% delle emissioni industriali entro il 2030.

La scadenza del 2030 per la fuoriuscita dal carbone «non è comunque utile per il clima – ha sostenuto Lindner - poiché le emissioni di CO2 risparmiate in Germania possono essere accumulate in Polonia o altri paesi Ue in virtù delle regole europee». Finché non sarà chiaro che l’energia alternativa al carbone è disponibile e conveniente, «dovremmo abbandonare il sogno di eliminare gradualmente l’energia da carbone nel 2030», ha aggiunto Lindner, alludendo apertamente al fallimento del sistema ETS. In base a questo sistema, infatti, la chiusura di una o più centrali elettriche a carbone non riduce automaticamente il numero di quote di emissione in circolazione se il governo interessato invece di chiedere formalmente alla Commissione di cancellarle, si limitasse a venderle nel mercato delle quote d’inquinamento.

In periodi di bassa congiuntura, le quote d’inquinamento sono poco richieste e quindi poco costose, poiché la loro domanda scende, ma l’offerta rimane invariata. Avere un grande surplus e prezzi bassi scoraggia tuttavia le aziende dall'investire in tecnologie verdi, ostacolando altresì l'efficienza del sistema nella lotta ai cambiamenti climatici. Per ovviare a questo problema, nel 2015 l'Ue ha creato la riserva stabilizzatrice del mercato MSR (dall’inglese Market Stability Reserve) per allineare meglio l’offerta e la domanda di quote d’inquinamento, collocando il 24% di tutte le quote ETS in una riserva, dalla quale possono essere sbloccate in caso di carenza. Nel marzo 2023, l'MSR è stato esteso fino al 20 30, con la finalità di proteggere l'Ue dal calo dei prezzi della CO2 dovuto a shock esterni. Prezzi più bassi della CO2 significherebbero infatti minori incentivi per l'industria a ridurre i gas serra.

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