A Natale e Capodanno quindi non ci potremo muovere fuori dai confini del nostro Comune. È un'imposizione anche condivisibile ma non tiene conto minimamente della situazione di fatto di certi territori. Il problema è che in certe aree il concetto di Comune assume significati diversi, che vanno oltre i confini territoriali disegnati sulla carta.

È il caso di Cagliari e dei centri limitrofi che di fatto vivono in simbiosi col capoluogo come fossero un'unica città. Nessuno può sostenere di sapere con esattezza dove finisce Cagliari e dove inizia Quartu e da lì quando si arriva a Quartucciu o Selargius, Monserrato o Sestu. E dalla parte opposta dove finisca la zona industriale di Cagliari e finiscano quelle di Elmas e Assemini. Per dire, insomma, che se è vero che risiediamo in uno qualsiasi di questi Comuni è anche vero che la nostra vita, i nostri cari, i nostri amici, le scuole, gli uffici, i parchi e le spiagge, i teatri e i cinema, i ristoranti e i mezzi pubblici sono improntati alla condivisione ed è questo, oltre la adiacenza fisica e geografica, che ci rende comune. Il concetto va dunque rivisto anche da parte del governo perché il Dpcm consente a qualche milione di romani o milanesi di muoversi liberamente in territori enormi e lo vieta a 400mila abitanti di Cagliari in quanto quartesi, selargini o asseminesi.

I provvedimenti restrittivi, anche quando giusti e necessari, dovrebbero guardare in faccia la realtà delle cose. E il concetto di Comune deve coincidere con quello di area urbana integrata. Come nella vita di tutti i giorni.
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