L a settimana scorsa si sono tenuti i vertici del Consiglio europeo straordinario per la partecipazione del presidente degli Stati Uniti, il G7 e il summit Nato, tutti dedicati alla guerra scatenata da Putin in Ucraina e alla conseguente crisi energetica a livello mondiale. Sul primo punto c’è stato un accorato appello unanime alla Cina perché usi la sua influenza per moderare la vis bellica di Putin, di cui si è incaricato il nostro premier Mario Draghi, il quale ha poi anche avuto un colloquio diretto col presidente autocrate sul tema dei negoziati e del gas russo.

I l nostro premier ha spinto per una trattativa che porti al cessate il fuoco e ha anche affrontato la spinosa questione delle forniture energetiche. Il colloquio, tuttavia, non sembra aver prodotto grandi passi avanti. In precedenza sia il summit della Nato sia quello del G7 avevano mostrato una unità straordinaria di tutti gli alleati nel condannare l’aggressione all’Ucraina, nel mantenere le sanzioni contro Mosca e nel decidere di inasprirle se fosse necessario. Le sanzioni si sono rivelate essere straordinariamente efficaci nell’indebolire l’economia russa. C’è anche un altro messaggio concordato a livello europeo: la richiesta di pagamento in rubli delle forniture del gas verso l’Unione Europea è illegittima e difficilmente verrà osservata. Ancora Draghi: «Noi la consideriamo una violazione dei contratti esistenti, che sono disattesi se questa clausola viene applicata dalla Russia».

Tuttavia Putin non molla e ieri, addirittura, ha lanciato una sorta di ultimatum sul pagamento in rubli.

Nel comunicato finale del G7, si era discusso di un ulteriore pacchetto di sanzioni. Si è dichiarata pronta anche la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, mentre Draghi ha rimarcato l’efficacia di quelle già esistenti: «Tanto dobbiamo essere fermi e proattivi con le sanzioni, tanto dobbiamo cercare assolutamente, disperatamente la pace».

Sul secondo punto della crisi energetica e alimentare, già nel 2014, con l’annessione russa della Crimea e l’innesco della guerra in Donbass, l’opinione pubblica e i governi europei avrebbero dovuto capire che il ruolo di Vladimir Putin non era solo quello di un semplice, anche se importante, partner commerciale, ma soprattutto era quello di capo dello Stato del secondo paese nucleare più forte al mondo, dopo gli Stati Uniti, che, come ha ricordato Federico Fubini sul Corriere della Sera, «aveva un’agenda politica ostile e imprevedibile verso l’Occidente». Insomma, sarebbe stato naturale e prudenziale cercare anche altre strade per sostenere il fabbisogno energetico e alimentare europeo e, invece, l’Europa ha aumentato la sua dipendenza dalla Russia, con effetti asimmetrici sui singoli Paesi.

Ora, come affrancarsi almeno in parte dal gas russo e dai prodotti alimentari dall’Ucraina e dalla Bielorussia? Nel 2021 l’Ue ha importato 155 miliardi di metri cubi di gas russo, pari al 45% dell’import totale di gas. L’Ue punta a eliminare la sua dipendenza dal gas russo entro il 2027. Il piano della Commissione, d’intesa con gli Stati membri, sarà presentato entro fine maggio, come si legge nella bozza delle conclusioni del Consiglio europeo. Quattro le linee di intervento: stoccaggi di gas comuni, acquisti comuni su base volontaria di gas, Gnl (gas naturale liquefatto) e idrogeno, facendo un uso ottimale del peso politico e di mercato collettivo dell’Ue e dei suoi Stati membri per attenuare i prezzi nei negoziati, e infine completamento delle interconnessioni.

Se su questi punti c’è un accordo sostanziale, i Paesi Ue sono invece divisi sulle soluzioni per contenere l’impennata dei prezz i. Per quanto ci riguarda, l’Italia sta costruendo nuove partnership, in particolare con Algeria, Angola, Qatar e Congo, dove abbiamo la disponibilità delle autorità locali ad aumentare le quantità di gas che importiamo. In realtà, l’obiettivo espresso da Draghi è di azzerare le importazioni russe entro due anni. Un obiettivo che sembra ambizioso, soprattutto se confrontato con quello della Francia che, messa meglio di noi col nucleare, ha previsto la fine alle sue importazioni di gas e petrolio russo entro il 2027, con più del doppio del tempo auspicato dall’Italia.

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