L ’editoriale del direttore Emanuele Dessì ha rappresentato il sentimento che la popolazione sarda ha nei confronti degli incendiari che ogni anno devastano il patrimonio ambientale della nostra regione. L’Unione Sarda ha dedicato sempre spazio agli effetti terribili provocati dagli incendi boschivi, ospitando interventi di soggetti rappresentativi che si sono occupati del triste fenomeno. Superata l’emotività e la rabbia del momento, l’opinione pubblica ha bisogno di capire meglio il perché di certi accadimenti e le ragioni per cui questa battaglia la nostra Regione non riesca a vincerla.

U na risposta a queste domande l’ha data l’Unione Sarda la diede già nel 2021 con un articolo di Massimo Crivelli con il quale indicava l’unica strada percorribile in grado di salvaguardare il nostro patrimonio boschivo dalla piaga degli incendi e dal dissesto idrogeologico.

A distanza di due anni è necessario riprendere alcuni concetti allora ben argomentati, partendo però da un dato incontrovertibile e cioè dal fatto che quasi la metà della superficie sarda è boscata e che solamente un quinto, cioè meno di duecentomila ettari, sono manutentati e curati da Forestas che riceve un contributo annuo che supera i 150 milioni di euro all’anno e che ha alle sue dipendenze circa cinquemila dipendenti, uno ogni 40 ettari di bosco. L’altro milione e passa di ettari boscati sono abbandonati al loro destino senza che nessuno se ne occupi: non lo fanno i proprietari, non lo fanno gli Enti locali i quali detengono anche circa cinquecentomila ettari di territorio gravato da usi civici, non lo fanno le Province e non lo fa soprattutto la Regione Sardegna, che ha sempre considerato il fattore ambientale come un serbatoio clientelare da utilizzare in campagna elettorale nell’approssimarsi delle elezioni.

Eppure tutti sanno che la lotta agli incendi non si vince solo con mezzi aerei, con il personale del corpo di Vigilanza Ambientale, con i dipendenti di Forestas e con i volontari che operano nel servizio di protezione civile, ma la si vince con la prevenzione e il presidio costante del territorio. La superficie boscata non deve essere vista come una maledizione divina che procura guai appena soffia il maestrale, ma come una risorsa che può creare occupazione, nascita di nuove imprese con lo sfruttamento della filiera del legno e con tutte quelle attività multifunzionali fondamentali anche per bloccare lo spopolamento delle zone interne e l’invecchiamento della popolazione.

La Regione Sardegna non ha mai lesinato risorse economiche destinate al comparto forestale, spesso sprecate per mala gestione, ma sento un silenzio assordante, in primis dalla Giunta Regionale, sull’utilizzo delle risorse del Pnrr per quanto attiene la seconda missione, rivoluzione verde e transizione ecologica, e sulla competitività di cultura e turismo. Quali progetti e programmi mette in campo? A me sembra che si brancoli nel buio, anzi i politici pensano che l’unica risposta al tema sia quella di accontentare alcuni sindaci promettendo loro di ripristinare gli organici di Forestas previsti dalle convenzioni stipulate lustri fa. Se si vuole incrementare l’occupazione e preservare il territorio lo si faccia attuando il Piano Forestale Ambientale Regionale del 2007, mai applicato se non nelle parti di semplice gestione, che stabilisce minuziosamente gli interventi utili a salvaguardare il territorio dagli incendi e dal dissesto idrogeologico.

Gli incendi in Sardegna sono un problema atavico di non facile soluzione ma forse basta semplicemente bandire la propaganda spicciola e fare semplici ma efficaci interventi quali quelli della prevenzione e della manutenzione ordinaria ma indispensabile. È fondamentale inoltre coinvolgere le Ferrovie, l’Anas, e perché no, le associazioni agricole affidando loro il compito di presidiare il territorio a fronte di contributi di carattere economico.

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