Q uanto va accadendo nei palazzi della politica, in queste ultime settimane a Cagliari come a Roma, avvalora sempre più il convincimento che la crisi più profonda e complessa, di cui oggi soffre la Sardegna e l'intero Paese, sia soprattutto quella dell'inadeguatezza delle attuali classi dirigenti al potere.

Esse paiono sempre più raccogliticce e impreparate, oltre che incapaci di guardare al di là del proprio naso. Pronte magari ad accapigliarsi tra di loro per futili motivi, quanto restie a confrontarsi su temi e visioni d'ampio respiro.

Perché della politica hanno appreso - questo appare l'aspetto più evidente - soltanto la capacità di occupare posti di potere, ma non ne posseggono la necessaria cultura. Cioè quell'insieme di sensibilità, di attitudini, di conoscenze e di esperienze che consente di dare contenuti e programmi a un'efficace attività di guida e di progresso a favore delle comunità che la politica è chiamata a amministrare.

Tra l'altro - ed è questa una seconda anomalia - gran parte del personale politico attuale è giunto alla politica dall'antipolitica.

Non paia questa una contraddizione, dato che una buona parte degli attuali deputati e consiglieri regionali proviene da posizioni di forte critica (se non proprio di denigrazione) nei confronti della casta della partitocrazia, accusata d'essersi trasformata in un'opprimente e prepotente congrega di interessi e di potere. (...)

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