C he anche per la Sardegna, come per l'intero Paese, ci sia bisogno, per venir fuori da questi tempi così calamitosi, della disponibilità e dell'impegno di abili “costruttori”, come auspicato dal Presidente Mattarella nel suo messaggio di fine anno, appare indiscutibile. Parrebbe ancor più esatto e pertinente che ci vorrebbero dei coraggiosi “ri-costruttori”, nel ricordo di quel che avvenne dalle nostre parti dopo i disastri e le rovine della seconda guerra mondiale. Perché le distruzioni che va provocando il Covid-19 paiono ancor più gravi di quel che fecero in quest'isola le bombe dirompenti dell'Air Force americana in quei terribili primi cinque mesi del 1943.

Così nei primi governi di quel dopoguerra, con Ferruccio Parri e con Alcide De Gasperi, furono poste a capo di un ministero che verrà chiamato, appunto, “della ricostruzione”, delle personalità di spicco e di grande competenza economica come Ernesto Rossi ed Ugo La Malfa. Ancora: nell'assumere nel marzo del 1944 la direzione di questo giornale, Giuseppe Musio invitava a mettersi all'opera per ri-costruire materialmente e spiritualmente un'Isola ancora ferita e dolorante. Andrebbe aggiunto, a maggiore conferma, che la prima rivista politica diretta da Piero Calamandrei, proprio nel titolo - il Ponte - indicava come impegno prioritario per il Paese la ri-costruzione di un passaggio che lo riportasse nella sponda della pace e del benessere. Sono tre indizi che, con il loro ricordo, inducono a capire che occorre venire fuori dalla nefasta inerzia di questo tempo presente.

U n tempo paralizzato da una cultura destruens che ha spodestato ed emarginato ogni tentativo construens. Si rende quindi necessario voltare decisamente pagina, uscendo dal labirinto vizioso delle denunce facili e delle rottamazioni affrettate per imboccare la strada virtuosa delle proposte innovative e delle conseguenti valide progettualità.

Per chi, come chi scrive, ebbe modo di far parte di quelle generazioni a cui toccò il compito, difficile ma esaltante, della ri-costruzione postbellica, attraverso un'azione fortemente condivisa politicamente e spiritualmente, trova difficoltà a comprendere i litigi, i battibecchi e le faide di una comunità, in politica come nel sociale, sempre più divisa e divisiva. In cui gli interessi personali prevalgono ormai decisamente sui benefici collettivi, e dove la prassi dello sgambetto omertoso al collega o al competitor appare la pratica più consueta. Con le conseguenze che sono ormai sotto gli occhi di tutti, conseguendo il risultato di una società ove la mediocrazia, purtroppo, ha estromesso del tutto la meritocrazia. Lo ha sottolineato giustamente Massimo Crivelli nell'editoriale di giovedì scorso, annotando come l'approssimazione e l'escamotage siano divenuti, per i governanti attuali, i rimedi più utilizzati da una classe dirigente sempre più autoreferenziata ed infettata dai virus dell'indecisione e della confusione.

Non c'è più tempo - parafrasando le sagge parole del Capo dello Stato - per scaramucce da corridoio o per agguati pirateschi. Si è di fronte ad un passaggio difficile dove occorre dare spazio a concretezza e coesione, coniugando insieme sviluppo economico, difesa della salute, capacità riformiste e valorizzazioni ambientali.

In quei giorni lontani prima ricordati, proprio la Regione sarda con i suoi uomini di maggioranza e d'opposizione seppe fare propri quei valori ridando all'Isola, con i suoi interventi e le sue decisioni ed in simbiosi con l'intera comunità civile, speranze e ambizioni di ripresa economica e rinascita sociale. I giovani di allora furono i protagonisti di quel risveglio, riprogettando e ricostruendo una Sardegna nuova e differente, più europea e più moderna, in cui anche i comfort della vita civile, dall'elettricità all'acqua corrente, fossero a disposizione di tutti i sardi e non solo di un terzo di privilegiati. L'appello ai giovani d'oggi da parte di chi ormai è molto avanti negli anni intende riproporre quell'impegno e quelle progettualità d'allora, sollecitando la classe politica, gli intellettuali e le componenti sociali, cioè quanti debbono saper leggere la contemporaneità, a divenirne coautori e protagonisti, elaborando proposte e progetti capaci di dare concretezza a quella ri-costruzione economica e spirituale che occorre avviare decisamente per dimenticare le sofferenze, le angosce ed i dolori causati dalla pandemia.

PAOLO FADDA

STORICO E SCRITTORE
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