V iene sempre più difficile capire, o semplicemente intuire, quale sarà, o potrà essere, il volto della Sardegna nel futuro prossimo venturo. Cioè al risveglio dopo il duro colpo da knock-out subito dal coronavirus. Da più parti si è sostenuto - e taluni lo hanno ripetuto come un mantra - che niente, in quel dopo, sarà più come prima, citando, non sempre a proposito, quanto accaduto all'uscita dalle grandi pandemie della storia umana.

D'altra parte i pericoli corsi, le disavventure accadute, le fragilità riscontrate nelle strutture di prevenzione e di contenimento del virus, hanno messo in luce l'esigenza di dover attuare, a iniziare dall'assetto istituzionale regionale, una decisa azione riformista, di profondi cambiamenti. In modo da poter affrontare le nuove esigenze nelle modalità del vivere, dell'abitare, del lavorare, della tutela della salute.

In modo particolare quest'esigenza la si avverte qui in Sardegna, dove i guasti causati dal lungo lockdown antivirale sono stati particolarmente pesanti per la sua già debole costituzione sociale. Con la messa in luce, innanzitutto, delle inadeguate capacità operative dell'attuale struttura regionale, già di per sé segnata da un'avanzata senescenza. E, quindi, da una marcata inefficienza, resa ancor più evidente dall'abbandono, o dallo stravolgimento, del supporto di molti degli enti e agenzie strumentali creati nel passato. Basterà ricordare come siano via via scomparsi quasi tutti gli enti pubblici regionali creati negli anni '50.

E nti che erano stati utili alle diverse Giunte, grazie alla loro buona caratura tecnica, per il varo di valide iniziative industriali, artigianali, turistiche, promozionali e di programmazione.

Ci sarebbe quindi bisogno di ridare efficienza e contenuti operativi alla Regione, rivedendone e rafforzandone le capacità di governance dell'economia. D'altra parte, va aggiunto, di una necessaria rimessa in efficienza della Regione, come struttura di guida e di governo dell'autonomia speciale, si parla ormai da diversi decenni; la si è sempre posta come priorità in ogni programma elettorale, a destra come a sinistra, ma i buoni propositi sarebbero rimasti sempre tali, senza alcun seguito di fatti concreti. Anzi: taluni dei tentativi esperiti hanno determinato, per malaccortezza o per superficialità, più danni che rimedi.

Di fatto, anno dopo anno, giunta dopo giunta, l'efficienza dell'amministrazione regionale si sarebbe avviata verso livelli sempre più bassi. Anche per aver perso quelle capacità di regìa e di promozione che venivano assicurate dall'attività degli enti strumentali.

Si prenda, per esempio, il turismo - settore vitale della nostra economia - che ha perso da una trentina d'anni tutta la sua strumentazione territoriale (dall'ESIT agli EPT ed alle Aziende di soggiorno) che garantiva un monitoraggio costante e puntuale delle prospettive, degli andamenti e delle quantità reali di arrivi e di presenze negli esercizi ricettivi, sia alberghieri che extralberghieri. Oltre ad aver messo in campo delle professionalità di ottimo livello, a cui si deve l'affermazione di una solida costituzione turistica.

Oggi, al contrario, i responsabili del settore debbono affidarsi solo alle stime, spesso eseguite, come nel caso di questi giorni, attraverso spericolati esercizi di alta acrobazia o, per meglio dire, di disinvolta alta fantasia. Ed anche con un'interpretazione assai errata delle risultanze passate, dei movimenti portuali ed aeroportuali, in modo da poter valutare in 10 milioni le presenze turistiche nel trimestre giugno-agosto. Sovrastimando così, con un vistoso raddoppio virtuale, i dati effettivi, come sostengono gli operatori del settore che hanno visto ridursi di un buon 50 per cento i loro introiti.

Ora, al di là di ogni giudizio più o meno critico su quelle stime regionali, rimane da sottolineare come l'aver sguarnito il territorio isolano di un'organizzazione strumentale che ne monitorasse costantemente gli andamenti, sia stato un errore non certo da segno blu. S'avverte dunque l'esigenza, e l'urgenza, profittando di questi spazi offerti dalla stasi pandemica, di mettere mano ad una decisa operazione di riforma, con un ritorno alla territorializzazione della governance pubblica del settore turistico (con le APT), in modo che il controllo puntuale delle attività degli esercizi ricettivi consenta di evitare quegli svarioni interpretativi di cui in questi giorni si è molto dibattuto su opposti fronti e con opposte valutazioni.

PAOLO FADDA

STORICO E SCRITTORE
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