N ei primissimi anni '60, ai margini della prima pietra della sua Rumianca a Macchiareddu, intesa come apertura per l'industrializzazione della Rinascita isolana, Riccardo Gualino - al tempo uno dei più autorevoli protagonisti dell'industria nazionale - raccontò alcuni episodi della sua molteplice esperienza imprenditoriale che l'aveva portato ad impiantare fabbriche un po' dovunque in Europa.

Così per confermare l'utilità dell'industria come essenziale ricostituente per lo sviluppo, portò ad esempio una sua esperienza nei Carpazi, in una regione tanto ricca di boschi quanto povera in economia. Con il coraggio del pioniere, e con l'appoggio di una grande banca, vi aprì una vasta rete di segherie industriali a vapore che ne avrebbero completamente sovvertito, con una forte crescita, lo status economico, grazie alle importanti produzioni di legname d'opera in gran parte destinato all'export.

Ora, aggiunse a quel ricordo, proprio con la Rumianca, che utilizza industrialmente il sale marino per farne un prodotto anch'esso da export, si cercherà d'ottenere gli stessi risultati positivi (purtroppo la morte lo avrebbe colto poco dopo, nel 1964).

Si è ricordato quest'episodio per sottolineare come la realizzazione di una base industriale debba rappresentare una opzione fondamentale per quei territori come il nostro che hanno necessità di acquisire più confacenti livelli di benessere sociale.

C on l'aggiunta che anche prodotti green, naturali come il legname ed il sale marino, possano essere funzionali a crearne i presupposti vincenti. A patto - altre due precondizioni - che (a) si ponga come obiettivo la conquista di mercati esterni, e (b) si possa disporre di adeguati appoggi creditizi.

La lezione di Gualino appare oggi, che si è di fronte alla necessità di superare la drammatica regressione economica da coronavirus, estremamente pertinente ed utile. Perché i numeri drammatici della crisi in atto (il Pil regionale è sotto del 60 per cento) impongono che se ripresa ha da essere per l'Isola, non può che essere legata ad una decisiva ripresa delle produzioni e del lavoro nelle fabbriche. Non si può continuare a discutere, ed a dividersi, su mascherine, tamponi e su quant'altro ruota attorno al dramma Covid, dimenticando che il Pil industriale è sempre più in caduta libera e che la disoccupazione sta raggiungendo numeri da dramma sociale. Purtroppo non è dato sapere se tra gli oltre 500 progetti di interventi disponibili per utilizzare la vagonata di miliardi del Recovery Fund, ce ne sia qualcuno proposto e utile alla Sardegna. Certo, c'è la fiscalità di vantaggio che dovrebbe riguardare anche la nostra base industriale, ma per divenire un richiamo concreto, abbisogna di un insieme di iniziative regionali che ne propongano, ne definiscano e ne facilitino, in rapidità e in semplicità, l'utilizzo.

Abbisogna cioè che la Sardegna disponga di piani d'intervento in linea con le direttive UE sulla tutela e sulla sostenibilità ambientale. D'altra parte, ci sono dei campi d'intervento assai interessanti e promettenti, come la decarbonizzazione energetica, il riutilizzo dei residui delle lavorazioni (fanghi rossi in primis), oltre all'assegnazione di un maggiore peso all'industria alimentare, dalla vinicola alla casearia, dalla conserviera all'olearia. Il tutto all'insegna di un'industrializzazione green e circolare.

Per dirla ancor più chiaramente, mai come ora s'avverte la necessità di una politica industriale regionale che indichi gli indirizzi, fissi le priorità e faciliti le condizioni per una ripresa degli investimenti industriali. Cercando di superare i tanti paradossi del nostro assetto territoriale: si dispone di circa 200 aree industriali, attrezzate con denaro pubblico, in cui, peraltro, si sarebbero finora localizzate neppure una trentina di fabbriche, assediate da diverse migliaia di depositi ed esercizi commerciali. A riprova di quel che segnala anche il nostro Pil, che vede la sovrabbondanza di un terziario sempre più invadente ed opprimente.

Ora, il tempo per predisporre un coerente quadro che sostenga nuovi investimenti a redditività certa, è assai scarso, e scorre poi assai velocemente. La ripresa passa proprio dalla rapidità degli interventi a valorizzazione ed a tutela del territorio, sorretti innanzitutto da tecnologie innovative. È necessario quindi conoscerne subito le linee generali, facendo sì che si abbandonino definitivamente le piccinerie clientelari dei lavoretti, i favoritismi dei bonus e le frammentazioni localistiche, predisponendo invece degli interventi a largo spettro che creino e distribuiscano nell'isola reddito e lavoro. Ci si potrà contare?

PAOLO FADDA

STORICO E SCRITTORE
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