L e sardine, che per qualche settimana avevano monopolizzato il mondo politico e dell'informazione, non ci sono più (o quasi). Ora sono comparsi “i draghetti”, ovvero i giovani che confidano nel premier appena entrato in carica per sperare in una società migliore. È il metro della popolarità del nuovo presidente del Consiglio, in piena luna di miele con l'opinione pubblica. In compenso, all'orizzonte si affaccia una “luna di fiele”, con le fibrillazioni comparse in seno alla variegata maggioranza ancor prima che il Governo abbia potuto mettersi al lavoro.

L'accorato appello di Mattarella, l'incarico a Draghi e la soluzione della crisi hanno generato una curiosa metamorfosi politica. La Lega ha compiuto una giravolta, abbandonando il campo sovranista per approdare a quello europeista. Il M5s, quello del no Tav, no Tap, no Ponte sullo Stretto di Messina, no trivelle, no questo, no quello, ha abbandonato la base movimentista per diventare più malleabile della plastilina (ammesso che esista ancora ai tempi dei videogiochi). Normale che i pentastellati perdano consensi, in compenso sono ben abbarbicati al potere. Grillo è stato abile a “vendere” il risultato del ministero della Transizione ecologica per ottenere il via libera della base al tentativo di Draghi. Di Renzi (vero king maker del nuovo esecutivo) inutile parlare: cinico, abile, tempestivo, vero, feroce animale politico. Ogni definizione è azzeccata.

B erlusconi ricorda la barzelletta del nonno che, per fuggire dalla sua casa in fiamme, si lancia da un palazzo all'altro rimbalzando sul telone dei pompieri «sino a quando non gli abbiamo dovuto sparare», chiosa in lacrime il nipote. Stessa cosa. Interventi chirurgici, malori vari, problemi di cuore, grane giudiziarie, Covid, eppure, dopo il colloquio con Draghi, il Cavaliere (unico che può permettersi di dare del tu al premier), all'uscita ha trovato un esercito di cameraman e giornalisti, passando per protagonista del mutamento della Lega di cui addirittura ora caldeggia l'ingresso nel Partito popolare europeo. Roba da matti.

A ben vedere, l'unico encefalogramma piatto è del Pd. «Conte o morte», ha urlato Zingaretti. Infatti... E Orlando (neo ministro) a inizio crisi in tv minacciava: «Con la Lega mai». Neanche con Draghi premier? «Lo ripeto: con la Lega mai». Appunto...

A parte questo (di parole in libertà sono pieni i giornali degli ultimi tempi) il Pd non ha lasciato il suo timbro in questa vicenda, è scivolato via come acqua fresca ed è finito persino nel tritacarne delle polemiche interne per l'assenza delle donne nella compagine ministeriale dem. Zingaretti ha borbottato una giustificazione: «La squadra è da completare», alludendo ai sottosegretari. Ma si è beccato il rimbrotto di Laura Boldrini («il problema non si risolve con un paio di sottosegretarie»), le bordate di Marianna Madia («Nel Pd c'è machismo»), che è peggio del maschilismo, della quale ha parlato Livia Turco: «Ci sono maschilismo e logiche correntizie».

Una piccola, se permesso, puntura di spillo. Dall'inizio tutti gli esponenti dei partiti hanno sottolineato più e più volte l'assoluta autonomia dell'incaricato nella scelta dei ministri. Per la mancanza di ministre del Pd, però, le critiche sono arrivate a Zingaretti non a Draghi. E, guarda a caso, sempre parlando del Pd, nell'esecutivo sono finiti gli esponenti delle tre correnti: Franceschini, di Area, Orlando, zingarettiano, e Guerini, di Base riformista. Manuale Cencelli all'ennesima potenza. La conferma da una piccola gaffe di Salvini. Dialogando con Vespa a “Porta a Porta”, il segretario della Lega si è lasciato sfuggire di aver visto «tre volte Draghi», mentre gli incontri ufficiali sono stati due. Vespa lo ha fatto notare e il giornalista Antonio Polito, in maniera abile, gli ha fatto ammettere che l'incontro non ufficiale si è svolto prima degli altri due. Insomma, la favola di Draghi chiuso nella torre d'avorio a fare il Governo da solo è, appunto, una favola. Niente di male, per carità. Anzi, inevitabile, quando si decide di formare un esecutivo tecnico e politico.

Ma torniamo alla luna di fiele. Salvini ha già scoperto le batterie, puntando l'artiglieria pesante sul ministro della Salute, Roberto Speranza, sul di lui consulente, Walter Ricciardi (quello del lockdown totale) e sul Cts, il Comitato tecnico scientifico. Sul punto occorre moderazione, ma è intollerabile che un consulente alzi un polverone chiedendo la serrata dell'Italia. Lo può fare un ministro, non uno dei tanti virologi, infettivologi, epidemiologi a spasso per i salotti televisivi a dire tutto e il contrario di tutto. Un esempio? «Le varianti del virus non sono un problema per i vaccini», strilla dall'assolata Miami Ilaria Capua. «Le varianti possono rendere inefficaci i vaccini», pontifica Andrea Crisanti nello studio di Bianca Berlinguer. E vabbè.

L'opposizione? Giorgia Meloni (Fratelli d'Italia): «Non posso appoggiare un esecutivo sbilanciato a sinistra». Nicola Fratoianni (Sinistra italiana): «Questo Governo è un pasticcio spostato a destra». Dicono che Draghi sia un fenomeno. Proprio quello che ci vuole in una situazione del genere.

IVAN PAONE
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