S arebbe un peccato far cadere nel vuoto l’intervento firmato da Antonello Menne a proposito dell’impegno dei cattolici in politica. Argomento non più di moda, su cui solo pochi anni fa si sono consumati fiumi di inchiostro, e di cui non si parla più. Dopo la fine della Democrazia Cristiana per mano giudiziaria e la conclusione della stagione dell’impegno coincisa con la presidenza della CEI di Camillo Ruini, i cattolici sono come dispersi nel mare magnum della politica, con livelli diversi di visibilità. Non si sono ritirati dalla politica: solo hanno cambiato modalità di presenza.

L ’inizio del nuovo millennio è stato un periodo storico caratterizzato – anche a livello locale – da una forte valorizzazione del ruolo dei laici (i non consacrati) all’interno della Chiesa, con professionisti chiamati a ricoprire nel mondo ecclesiale ruoli importanti coincidenti con le loro competenze. Anche in Sardegna è stata una parabola interessante, terminata da qualche anno, di cui un giorno si scriverà la storia: basti per ora dire che quella presa di responsabilità da parte dei laici ha prodotto ottimi risultati.

La seconda parte del pontificato di Benedetto XVI, ancora di più l’avvento di Papa Francesco, ha coinciso con un movimento di riposizionamento, dentro e fuori la Chiesa. E questo vale anche per i cattolici impegnati in politica e nelle istituzioni: la stagione dei “valori non negoziabili” (che aveva fatto pensare ad un ritorno al partito unico) ha lasciato spazio al tentativo, l’unico possibile, di essere evangelicamente sale della terra, andando e cercando di contaminare anche gli spazi lasciati liberi dai cosiddetti “altri”. Non è più tempo di partito unico, ma nemmeno di steccati. Il rischio è quello della presenza come testimonianza, che porta in dote una generica stima, qualche pacca sulla spalla, pochi voti e nulla più.

È certamente una sfida da far tremare i polsi: se quello in cui credo è vero, deve funzionare – senza necessariamente sbandierarlo - in qualunque schieramento politico. Il pericolo è la ricerca del compromesso, una sorta di “laissez faire” pur di essere accettati, uno schifoso annacquamento di un vino destinato a perdere sapore. Ciò che dice Menne, infatti, è verissimo: è forte l’esigenza di un ritorno all’impegno, ma più ancora di una sua più marcata visibilità.

Che un gruppo di laici (quindi cattolici) giri la Sardegna per posizionare le pietre di un cammino che può essere visto anche come religioso lo dimostra. C’è un fiume carsico che percorre la società e che a poco a poco, ora qui ora lì, emerge. Partendo da una identità chiara e non dissimulata, contagia la capacità di dialogo, di condivisione, di contaminazione in forza della comune natura umana: “Fratelli tutti”, ha scritto Bergoglio. Da sempre è stata l’attenzione ai poveri, agli ultimi, ai dimenticati il terreno di più facile contatto con sensibilità politiche (in senso lato) anche molto diverse e distanti. Già la Rerum Novarum diceva: “Agli operai, che sono nel numero dei deboli e bisognosi, lo Stato deve di preferenza rivolgere le sue cure e le sue provvidenze”. Questo è ancora oggi il discrimine.

Oggi registriamo opposte tendenze: i neoliberisti (di destra e di sinistra) sono carenti sulla solidarietà sociale; i sovranisti-populisti mancano sul piano del rispetto della dignità umana (di qualunque popolo, etnia, religione: tutti gli esseri umani sono figli di Dio, «per Dio nessuno è straniero», ripete Papa Francesco). Ma ciò non ostacola l’impegno dei cattolici in politica, anzi lo esalta, perché sono consapevoli di queste carenze e devono impegnarsi per colmarle.

Questo impegno – personale, di ciascun cattolico, no n più di e in un partito politico - non è senza sofferenza, perché dà fastidio al “mondo”, di cui il cristiano non fa parte per dettato del Fondatore, citato da Menne. E il “mondo” non si lascia insegnare facilmente ciò che è buono e ciò che è giusto e mette spesso ai margini chi lo testimonia senza prestarsi a compromessi. “Fare politica – ha detto Papa Francesco - è un martirio quotidiano: cercare il bene comune senza lasciarti corrompere. Cercare il bene comune pensando le strade più utili per quello, i mezzi più utili. Cercare il bene comune lavorando nelle piccole cose, piccoline, da poco… ma si fa”.

Presidente Corecom Sardegna

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