V i prego, salvate il soldato bonus. Salvate il 110%. E non fatelo perché é (o sembra) la bandiera politica di un partito o di un leader: preservatelo perché è stato il principale “ricostituente” delle nostre economie nel tempo della crisi. È vero, in Italia la “damnatio memorie”, ovvero il cattivo vizio di cancellare ogni traccia del passato si perpetua fin dell’antica Roma. Se vince Renzi cancella quel che ha fatto Letta, se vince Gentiloni cancella Renzi, se vince Conte cancella Gentiloni e così via fino a Draghi che cancella tutti.

E alla Meloni che ora - ovviamente - non vede l’ora di cancellare Draghi. Il tema, invece, è garantire sempre la continuità istituzionale, come accade negli altri Paesi civili, conservare persino qualcosa che non si condivide per non disperdere, in un perverso gioco a continua somma zero, gli investimenti dei tuoi predecessori.

Oggi dopo gli ultimi emendamenti alla finanziaria, si verifica un fenomeno incredibile: quello dei parlamentari di Forza Italia che difendono una misura del M5S. Aggiungo che, a mio avviso, fanno bene. Il punto è che non potendo fare nuovo debito il governo Meloni è alla continua ricerca di risorse per realizzare i suoi progetti - il che è legittimo - e ha messo gli occhi, fin da prima del voto sulle corpose poste (due veri “tesoretti”) che il governo giallorosso aveva messo sul Reddito e sui “suoi” bonus. Il primo passo del governo è stato l’addio ai piccoli bonus dell’era Renzi (ad esempio i 500 euro del “bonus cultura” per gli studenti) e ridurre gli 8 miliardi destinati al Reddito. Ma oggi voglio sottolineare che a sostegno dei bonus edilizi ci sono categorie sociali non sovrapponibili a quelle politiche. Per dire: i costruttori dell’Ance, ma anche i sindacati edili (con in testa la Cgil). E questo accade non per un effetto corporativo. Un clamoroso studio di un istituto rigoroso come Nomisma - per dire - ha calcolato che il solo bonus edilizio ha letteralmente fatto deflagrare il fatturato di un intero settore e del suo indotto, producendo (da solo) una crescita del Pil del 7,5%. Il che, tradotto in cifre, produce questo rapporto costi-benefici: un investimento dello Stato di 38,7 miliardi, genera un valore economico di 124,8 miliardi.

Fin dagli anni Sessanta, non solo in Italia, l’edilizia ha un potere ordinatore nel mercato italiano (e non solo): fa da volano a tanti altri settori. Inutile ricordare che lavorano fornitori di materie prime, grossisti, architetti, settore del mobile (con un suo bonus collegato alle ristrutturazioni) ma anche studi di architettura - ovviamente - produttori di tecnologie avanzate (ad esempio la cosiddetta “domotica”), e i vivaisti (c’è un bonus giardini in questo treno), infrastrutture leggere, e tutto il Made in Italy.

Ed ecco cosa dicono critici e detrattori: 1) perché non impegnare poste così ingenti in altri settori come ad esempio turismo o agricoltura? Perché 2) non pensare a investimenti per i più poveri, ad esempio chi non ha casa? Perché 3) non ridurre l’entità del bonus, che è addirittura superiore alla spesa, passando ad esempio all’80%? Dopo aver parlato con i tecnici (non politici) che hanno scritto materialmente la norma, rispondo subito all’ultima obiezione. Pare la più sensata, ma non lo è. Era una misura per i condominii, infatti, e si scelse il 110%, non per fare regalie, ma per bypassare il potere di veto di singoli inquilini. E si optó per il 10% in più, non per regalare soldi, ma per compensare d’ufficio il finanziamento delle banche. A parte alcuni sprechi e truffe (solo nel bonus facciate), i diversi bonus hanno evasione zero (tutto c ertificato con fatture e bonifici “parlanti” ad Agenzia delle Entrate) e hanno prodotto effetti benefici indiretti: piena occupazione nel settore, zero casa integrazione, gettito torrenziale dell’Iva, boom contributivo previdenziale, abbattimento di sprechi energetici. L’80% degli italiani possiede una casa, molti di questi sono “poveri” che hanno potuto finanziarsi a costi ridotti. Viceversa, il solo annuncio di rottamazione del 110% ha spaventato il mercato, indotto depressione, portato le banche a bloccare anche altri bonus che nessuno discute (ad esempio il 50%) all’insegna del dubbio: se oggi se ne cancella uno, domani ne azzereranno un altro?

Ecco perché salvare quel bonus, mentre stiamo ancora combattendo inflazione, stagnazione, esplosione dei prezzi, non è un colpo a Conte, a Caio o a Sempronio. È un dispetto agli italiani.

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