Q uello che è successo ieri sul prato del magnifico stadio di Doha è un racconto su misura per il cinema, una partita indimenticabile che nessuno ha perso e dove hanno vinto tutti. E chi l’ha vista si consideri fortunato, un po’ come chi c’era la notte di Italia-Germania del 1970, o magari era lì per le finali vinte dagli azzurri negli ultimi quarant’anni. E da ieri sera c’è una generazione, quella dei millennials – benvenuti – che ora ha la “sua” partita, quella di cui parlare da oggi a scuola o all’università. Messi, Mbappè, l’incertezza del risultato, la parata di piede di Martinez all’ultimo respiro, la storia di Messi, 120 minuti che valgono una vita intera.

Alla fine di una settimana dove due colonne del calcio – giocato e scritto – hanno dato l’addio, ci ritroviamo a provare nostalgia per un campionato del mondo che nelle prime serate aveva fatto sbadigliare un po’ tutti. Che finale, che giocate, la ribellione della Francia a un dominio argentino su ogni metro quadro del campo, poi i rigori, maledetti come sempre, epilogo da infarto anche per chi alza la coppa. I rigori, l’incubo dei francesi, dopo la finale persa con l’Italia nel 2006.

Sì, la prima fase del Mondiale aveva fatto annoiare un po’ tutti, sensazioni simili – miste a rabbia – provate ieri sera, per lo spettacolo di tenore differente offerto dal Cagliari a Palermo. La squadra rossoblù ha perso ancora e scivola in classifica. Segnali di vita? Pochi. Qualcosa in avvio, con Pavoletti e Nandez, poi la solita macchinosa ricerca di qualcosa che assomigli a un progetto tattico.

La sconfitta di ieri sera è durissima, non genera terremoti interni ma qualcosa è successo, se il nuovo direttore generale del club ha annunciato che da mercoledì la squadra andrà in ritiro, Natale compreso, fino a lunedì pomeriggio quando, digerito il panettone di Assemini, il Cagliari affronterà il Cosenza. Una sorta di ultima spiaggia, perché l’obiettivo dovrà essere quello di scappare via al più presto da una zona di classifica tremenda. Il 14° posto è un fallimento di tutti, dal primo all’ultimo della società, un altro pezzo di stagione che cade nonostante questo mantra delle sei, cinque, quattro finali «che dovremo affrontare».

La grande sfortuna del Cagliari, fra le tante di questa stagione tormentata, è stata quella di andare in scena – parliamo di tv – dopo la più bella partita di calcio della storia di questo sport, mandando la testa del tifoso in frantumi. Quella era una finale, dove tutti in campo hanno dato il 110 per cento per non soccombere, al di là dei valori tecnici. A Palermo, e Liverani non sarà d’accordo, abbiamo assistito a un match dove una squadra ha messo in campo tutto o quasi, dall’altra parte regnava la sfiducia, la fragilità, buone intenzioni e risultati opposti. «Abbiamo bisogno di compattarci, stare insieme e ragionare per poi prendere le decisioni», ha detto ieri notte il dg Bonato, uno che ha dato tempo a Liverani fino a Natale per tirarsi fuori dai guai. E Natale si avvicina, inesorabile.

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