S emplificare. Ridurre l’analisi di un argomento a poche parole: a uno slogan, a una battuta. Online è diventato alla moda: a discapito della verità che non è semplice trovare, né categoricamente bianca o nera. “La guerra spiegata in un minuto”, “La felicità in dieci abitudini” e la certezza che svegliarvi alle quattro del mattino vi trasformerà in persone di successo sono slogan che promettono soluzioni immediate a problemi complessi. Ieri mi sono imbattuto in un post di Instagram perentoriamente intitolato: “Sette abitudini che devi rimuovere prima possibile.”

P er curiosità ho letto quanto indicato e ho appreso che non devo vivere nel passato, né mettere gli altri prima di me stesso, che non devo avere paura del cambiamento, né pensare troppo. Allo stesso modo non devo provare ad andare d’accordo con tutti, né preoccuparmi del parere degli altri. E così via. Ma, chi lo dice? Chi lo predica? Anzi, chi lo impone: addirittura servendosi dell’imperativo? E perché mai sarebbe sbagliato mettere le necessità di un figlio prima delle proprie? Perché non devo avere paura del cambiamento, se questo è peggiorativo e mette a rischio il mio benessere? Perché non devo pensare troppo? Se Edison avesse seguito un simile consiglio, oggi non avremmo la luce elettrica! Ma, soprattutto: perché non devo fare del mio meglio per andare d’accordo con tutti? Un altro post mi ha proposto, poco più tardi, le seguenti domande: “Smetti di occuparti di te per aiutare un'altra persona anche se questo comporta sacrifici e rinunce? Perdoni gli altri troppo facilmente e permetti alle persone che ti causano dolore di continuare a far parte della tua vita? Usi la bontà come strategia di sopravvivenza per evitare il dolore? Sei buono soltanto per paura di poter essere etichettato come egoista?” Se la risposta alla maggior parte di queste domande è sì, significa che sei eccessivamente buono e che dovresti fare qualcosa al riguardo. Non importa cosa: dato che all’eccesso di bontà - così superficialmente diagnosticato - non viene proposta alcuna soluzione pratica.

Ma, insomma: perché perdonare sarebbe sbagliato? Perché sarebbe sbagliato sacrificarsi per aiutare gli altri? Perché preferire la bontà all’egoismo deve essere considerata una forma di debolezza? Come si fa a semplificare tutto in questo modo? A incasellare questioni immensamente complesse in quiz da patente di guida? Il fatto è che, online, chiunque può parlare di qualunque cosa perché non c’è più mediazione. “Siamo cresciuti protetti da una mediazione che, oggi, è quasi del tutto scomparsa: soprattutto online dove, ormai, circolano perfino gravi menzogne. Prima accadeva comunque: su scala più piccola. Ora il fenomeno è amplificato e questo ha cambiato la percezione che ne abbiamo. Il lato positivo? La scomparsa permanente della censura. Le conseguenze? Gli anticorpi che tutti noi saremo costretti a sviluppare per imparare a mediare da soli l’infinità di contenuti a noi disponibili” mi disse il giornalista Matteo Grandi quando, molti anni fa, lo intervistai sugli albori del “bla bla bla” che, tramite gli smartphone, invade le nostre case e le nostre esistenze con una valanga di banalità dalle quali dobbiamo imparare a proteggere soprattutto i più giovani: aiutandoli a sviluppare il pensiero critico come unico antidoto all’esorbitanza di falsità che, ormai, ci assediano in una giungla mediatica in cui l’approssimazione e la semplificazione imperano, a discapito della verità.

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