N el secondo trimestre di quest’anno, l’economia dell’Eurozona ha registrato una crescita migliore delle attese, con un aumento dello 0,8% rispetto ai primi tre mesi del 2022. All’interno di questo quadro, la crescita italiana evidenzia un balzo dell’1,1%, migliore, dunque, sia del dato relativo all’area euro (+0,8%), sia di quello relativo a tutti i Paesi Ue (+0,7%). Si tratta di una dinamica di crescita complessiva che su base annua si traduce per l’economia dei Paesi Ue in un rialzo del 4,1%, migliore dello 0,1% rispetto alle stime attese.

N onostante questo quadro economico relativamente soddisfacente, la situazione dell’Eurozona resta comunque complicata, con uno scenario di rallentamento dell’economia che potrebbe sfociare in una recessione. Ciò a causa di una attesa ripresa dell’inflazione e all’impazzimento dei mercati dell’energia. Un argine all’indebolimento del potere di acquisto di famiglie e imprese è rappresentato dalla politica monetaria della Bce, che nei giorni scorsi ha predisposto un nuovo rialzo dei tassi di interesse, dopo quello di 0,50 punti adottato nel mese di luglio. L’ultima riunione del board della Banca centrale europea ha infatti stabilito un maxi-rialzo di 0,75 punti dei tassi ufficiali, portando all’1,25% il tasso di rifinanziamento delle banche ordinarie, all’1,50% il tasso sul rifinanziamento marginale e allo 0,75% quello sui depositi delle banche presso la Bce, ponendo così definitivamente fine all’era dei tassi d’interesse negativi sui depositi.

L’approccio della Bce è analogo a quello adottato negli Stati Uniti dalla Federal Reserve, ormai pronta ad alzare i tassi di 75 punti base per la terza volta consecutiva. Come giustamente ha posto in evidenza Rony Hamaui su Lavoce.info, «con un’inflazione che ad agosto ha raggiunto il 9,1 per cento e il cambio dell’euro sul dollaro che nell’ultimo anno si è svalutato del 18 per cento, la Banca centrale europea non poteva più tenere i tassi d’interesse ufficiali bassi». È importante evitare che in questa fase di ripresa si avvii una spirale inflazionistica; perciò, è necessario domare le aspettative di crescita dei prezzi prima che si formino. Anche se per il futuro tutti i centri di ricerca, inclusa la Bce, prevedono una riduzione della crescita economica in Europa, se non una vera e propria recessione. In altri termini, come ha ammesso la stessa Lagarde: «l’aumento dei tassi farà ben poco per convincere i grandi attori del mondo a ridurre i prezzi del gas, ma darà un forte segnale che la Bce contribuirà seriamente alla riduzione dell’inflazione». Il rialzo dei tassi ufficiali, infine, serve alla Bce per difendere il potere d’acquisto dell’euro rispetto alle altre valute, e in particolare il suo tasso di cambio col dollaro. In teoria con un euro forte i flussi di capitali internazionali dovrebbero convergere verso l’euro. In pratica è avvenuto l’opposto: mentre Cristine Lagarde spiegava le decisioni della Bce è partito un deflusso dall’area monetaria europea e l’euro ha perso un ulteriore 0,83% sul dollaro, scivolando sotto la parità. Segno che i mercati ritengono ancora insufficiente il rialzo dei tassi ufficiali, soprattutto alla luce di quanto accade negli Usa dove Powell, il presidente della Federal Reserve, ha dichiarato che negli Stati Uniti i tassi d’interesse continueranno a salire per domare l’inflazione.

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