L a parola “meritevole” è presente nell’articolo 34 della Costituzione accanto alla parola “capace” e nella scuola il merito è sempre esistito. Se non si fosse meritevoli non si avrebbe accesso alla classe successiva e questo nonostante l’obbligo scolastico che non esime dalle bocciature in casi estremi.

Il merito è dentro i nostri parametri di selezione, seppure diversamente declinati.

D a sempre c’è il docente severo e quello molle, da sempre c’è chi attribuisce all’alunno un voto alto e chi non si discosta da quello basso, chi tentenna e chi non recede. È nel voto stesso, è nella valutazione numerica che si nasconde anche il riconoscimento del merito. Se poi la si ribalta e la si riferisce al docente, l’altra faccia del rapporto dialettico, la parola risulta più ambigua, reticente. C’è chi è più meritevole di un altro? Domanda spinosa a cui non si è voluto dare una risposta, anche per l’ampia platea della categoria, provvidenzialmente chiamata “corpo docente” in un tetro appiattimento corporativo. Per cui nella scuola italiana si vive la contraddizione di alunni valutati ora da docenti bravissimi, ora da altri meno bravi, ma ugualmente chiamati al difficile compito.

In ogni caso, oggi più di ieri, si assiste alla presenza di docenti ricercatori, autori di saggi nelle discipline che insegnano, che non vengono riconosciuti tali in alcun modo, invisibili agli stessi sindacati. Si arriva al paradosso che chi consegue un dottorato ha nella graduatoria per l’insegnamento solo qualche punto al pari di altri corsi o di Master a pagamento. Oppure ci si trova davanti a docenti particolarmente competenti nel porgere la disciplina, nei fatti uguali agli altri meno stimolanti e preparati, ma guai a parlarne a voce alta. Problema da sempre imbarazzante nella pubblica amministrazione, e di impervia risoluzione.

Il tentativo di cambiare la prassi esistente è avvenuto con “La buona scuola” di renziana memoria che, avendo dato superpoteri al Preside, diventato Dirigente, ha di fatto operato una discriminazione con l’elaborazione dei progetti e il corrispettivo in denaro, introducendo, pare ovvio, un’altra declinazione del merito. Senza parlare di tutte le riforme confuse e contraddittorie dei vari ministri dell’istruzione. Tornando agli studenti, la stessa istituzione delle borse di studio, erogate da regioni, enti vari o da privati, oltre che dalla scuola - che non è solo pubblica ma anche privata e paritaria, perfino con “sostegni” statali - risponde all’esigenza di diversificare chi si applica da chi non ottiene risultati. Questo, però, non significa che chi non si applica lo faccia per scelta: mancano talvolta le condizioni di partenza. Su questo si sono appuntate le critiche recenti, dimenticando che non è la scuola ad essere chiamata a risolvere problemi di gap sociale, di povertà, di deficit di trasporti, di mancanza di mense scolastiche. La scuola, in Italia, è anzi l’istituzione che soffre maggiormente delle scelte della politica con misure che dovrebbero precedere e accompagnare l’istruzione e l’insegnamento.

I bollettini annuali del Ministero, dei sindacati e di Save the children sulla dispersione evidenziano come il fenomeno sia direttamente proporzionale alla mancanza di servizi essenziali e alla disomogeneità dell’offerta educativa. La Sardegna detiene il record della dispersione (40% rispetto al 18% della media nazionale) e si trova al 14° posto per efficacia del welfare, secondo il Welfare Italia Ind ex del 2022. Altro dato allarmante è quello dei NEET cioè di quanti non studiano e non lavorano che sono il 30% rispetto alla media nazionale del 19,8%.

Ancora una volta, in una discussione in cui le posizioni sono opposte, ma non solo ideologicamente, la scuola è chiamata a funzioni di supplenza, in condizioni di minorità rispetto a quelle europee. E mentre la politica discetta di merito e grida allo scandalo, assistiamo alla nomina del Ministro, sperando, come sempre, che sia la volta buona, che ci si accorga, ora a destra o, come fino a ieri, al centro o a sinistra, che il futuro di un Paese è dentro la scuola e non prescinde da essa.

Critica letteraria

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