C ’è una lezione, che arriva dai novantasette minuti dello stadio Tardini di Parma. Di stile, di tattica, di immagine. Una partita vincente, seppure senza reti, grazie a scelte fatte dal più anziano allenatore del campionato, ma di sicuro uno dei più brillanti. E da un gruppo di calciatori che – non accade sempre – ha in testa un unico traguardo, nessuno si sente fuori dal progetto e perfino alcuni illustri ripescati diventano protagonisti.

Intanto, l’immagine. I sostenitori del Cagliari hanno stravinto, e non c’era dubbio, il confronto con quelli del Parma. Uno sparuto gruppo gialloblù si era palesato alla Unipol Domus, mentre la folla rossoblù che ha colorato il Tardini è roba che si vede solo in Argentina. Una festa, di quelle che non dimentichi. E che a Bari potrebbe ripetersi. C’è gente che per rientrare a Cagliari è dovuta passare da Varsavia, visto lo sciopero del trasporto aereo.

Lo stile, prima e dopo la partita, si commenta da solo. Aizzare l’ambiente parmense per presunte scelte arbitrali sbagliate nella sfida d’andata è servito a poco, perché un arbitraggio come quello di Orsato – un manuale di equilibrio e fermezza – ha ricordato a dirigenti e staff tecnico degli emiliani che a calcio si vince sul campo, quasi sempre. E le allusioni al veleno di Pecchia in diretta tv sono effetti collaterali di una lezione, non solo di stile.

E siamo alla tattica. La partita fra Cagliari e Parma è durata quattro tempi. Nel primo i rossoblù hanno preso una sveglia di quelle da cui è difficile rialzarsi.

L’impresa titanica è stata quella di capire in fretta dove hai sbagliato e risistemare lo spareggio. Ranieri ha chiuso le fasce, ha impedito che il Parma usasse Vasquez per far decollare l’attacco, lasciando le briciole della gara alla Unipol Domus e poi al Tardini, dove Pecchia non ha capito più nulla davanti a un centrocampo (Nandez e Makoumbou commoventi) irrobustito dai centrali sistemati alle sue spalle. Adesso il Cagliari deve studiare. Bene e in fretta, come quando hai un esame e hai poco tempo. Il Bari gioca con una punta che “attacca” la profondità, velocissima e imprevedibile, Cheddira. Un calcio diverso, con varie possibilità offensive, le fasce che spingono senza sosta e alcuni uomini che possono risolverla con le loro giocate. E poi ci sarà il pubblico, da una parte e dall’altra. Che sia finale, adesso.

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