P roprio mentre la situazione precipitava in Ucraina, i partiti che sostengono il governo Draghi hanno scelto di dividersi sulla riforma del catasto.

In molti hanno pensato precisamente questo: ma come, il mondo è in fiamme e noi discettiamo di piccolezze? In realtà la questione proprio una piccolezza non è, perché si tratta della parte forse più delicata della riforma fiscale per la quale il governo disporrà di una delega, votata lo scorso ottobre, e che lo impegna a partorire un’iniziativa entro i prossimi diciotto mesi.

L ’esecutivo guidato da Mario Draghi, come anche questa vicenda ci rammenta, è sostenuto da partiti diversi e destinati ad affrontarsi alle elezioni. A separarli non è tanto l’ideologia, che per molti in politica è un fantasma del passato, ma sono soprattutto i diversi gruppi sociali dai quali contano di raccogliere voti. È difficile trovare una sintesi sulla questione fiscale, che è la più politica di tutte, e con tutta probabilità non verrà trovata entro la fine della legislatura.

Per questo la riforma del catasto preoccupa sia la Confedilizia, che riunisce i proprietari di casa, che i partiti di centro-destra, che vorrebbero rappresentarli. L’idea, di per sé, parrebbe ragionevole: il nostro catasto è vecchio ed è incoerente con quello che è oggi lo “stato di fatto” degli immobili, e dunque non consente di fotografarne il valore. Ma, come ha ricordato Natale D’Amico per l’Istituto Bruno Leoni, ammodernarlo è un’operazione complessa e molto costosa. Il legittimo sospetto è che la si faccia non a meri fini informativi (questa la posizione “ufficiale”) bensì per utilizzare tale “mappa” più accurata per procedere a un rialzo degli estimi e, dunque, a un inasprimento delle imposte sui proprietari di casa.

È chiaro, dunque, che i partiti di centrodestra non possono passare per i “collaborazionisti" che avallano un’operazione simile. È scandaloso aumentare le tasse sulle case? Dipende. Nel quadro di una riforma fiscale per così dire “organica”, lo si potrebbe fare, dandosi un obiettivo chiaro: ridurre la pressione fiscale complessiva. Da anni molti osservatori esortano a spostare il peso del fisco “dalle persone alle cose”. Anche le tasse sulle cose, però, le pagano le persone dunque ciò che conta, per queste ultime, è essere in generale un po’ più liberi di impiegare i propri quattrini come desiderano, anziché sacrificarli al fisco e allo “Stato padrone”, per citare il titolo di un libro del compianto Antonio Martino.

Il guaio è che mentre è ragionevole aspettarsi che la riforma del catasto possa servire ad alzare le tasse sulla casa, non c’è una misura analoga che possa svolgere la funzione contraria: una grande operazione “esplorativa” che sembri preludere a una riduzione di altri tributi. Di qui, la situazione in cui ci troviamo.

Se ne potrebbe uscire, ovviamente, se il governo avesse un progetto di riforma coerente da proporre alle forze politiche. Il piano però avrebbe tanto meno consenso quanto più fosse incisivo, a causa della natura della maggioranza e della necessità di ridurre i conflitti all’interno della stessa. Per intenderci: per Leu e un Pd ormai fortemente ancorato a sinistra è importante dire di aver “fatto piangere i ricchi”, per la Lega e Forza Italia la parola d’ordine è proteggere proprietari e lavoratori autonomi.

Vale la pena non toccare nulla, perché con questi venti di guerra bisogna garantire l’unità della maggioranza e della società italiana? La guerra in Ucraina avrà serie ripercussioni economiche, verosimilmente ancor più avvertite in un Paese che prima era stato colpito dal Covid e prima ancor a non cresceva da vent’anni. La situazione non è rosea e le mirabolanti stime di crescita per il 2022 sono probabilmente andate in fumo nel momento stesso in cui abbiamo scelto di rispondere all’invasione russa con le armi dell’economia. In questa situazione, abbiamo disperatamente bisogno di misure che rendano più facile intraprendere e che spingano imprenditori e consumatori a guardare al futuro con un po’ di ottimismo.

Sarebbe importante poter indicare un percorso credibile di riduzione della pressione fiscale (e, simmetricamente, della spesa pubblica). Ma probabilmente con questa maggioranza è impossibile.

Direttore dell’Istituto “Bruno Leoni”

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