I giorni sarebbero tutti uguali se non fossero “date” che ricordano eventi irripetibili. Certo, ognuno celebra il suo compleanno, ma questa data non entra nella storia se il festeggiato non entra a sua volta nella storia. Evidentemente parliamo di “date” significative. La storia ne tiene gran conto, e anche la liturgie religiose, specialmente quella cristiana che commemora un santo al giorno. E ci sono date universali, come il primo maggio, che a dire il vero universali non lo sono mai veramente. Il primo maggio, ad esempio, è celebrato in tutto il mondo, meno che negli Stati Uniti.

G li americani infatti hanno il loro Labor Day il primo lunedì di settembre, quindi una data “mobile”. Per un italiano il “5 maggio” evoca la morte di Napoleone, ma per uno spagnolo che non ha mai letto Manzoni quella data non dice niente, mentre ricorderà “el 2 de mayo”, immortalato da un quadro di Goya. Un sassarese rimane indifferente alla festa di sant’Abbondio, che invece viene celebrata dagli abitanti di Como.

I giorni che ricordiamo, dunque, sono quelli che hanno un “marcatore”. Questi fissano la storia nel tempo, e trasformano il tempo circolare in tempo lineare, riportando alla memoria con scadenze precise eventi che ogni anno diventano più lontani. Inoltre può accadere che il “marcatore” di un giorno entri in concorrenza con un altro “marcatore”, e dopo una breve convivenza uno dei due scompare nell’oblio. È il caso del 24 febbraio.

Nel calendario della Roma arcaica questo giorno era ricordato come Regifugium perché si celebrava la fuga dei re etruschi e la fine del periodo monarchico di Roma. Ma per la “riforma giuliana” del calendario, quel giorno cadde il 23, e con il tempo si perse la memoria dell’evento. Ma il 24 febbraio marcò un altro evento epocale perché nel nuovo calendario imposto da Giulio Cesare diventò il giorno che ogni quattro anni doveva essere ripetuto in modo che febbraio rimanesse un mese di 28 giorni, mentre i calcoli astronomici gliene assegnavano 29. Erano gli anni “bisestili” perché il 24 era il sesto giorno prima delle Calende di Marzo, e ogni quattro anni diventava “bis-sesto”. Sennonché un millennio e mezzo dopo, il nuovo calendario “gregoriano” contò il 24 febbraio come un giorno unico e gli anni bisestili ebbero un febbraio di 29 giorni. Degno di nota è il fatto che Gregorio XIII proprio il 24 febbraio del 1582 promulgò la bolla papale Inter gravissimas, che riformò ancora una volta il calendario che fu adottato dal mondo cristiano. Era una data che “cambiò” la storia, ma non ebbe grandi conseguenze nella vita quotidiana. Sembrò resuscitarlo un fatto curioso. Nel 1806 Zacharias Werner scrisse un dramma intitolato “Der Fürundzwanzigste Februar”, ossia Il 24 febbraio. Inscena la storia di un figlio che, tornato a casa dopo tanti anni di assenza, viene ucciso dai genitori che non l’avevano riconosciuto. L’opera di Werner inaugurò il genere della Schiksaltragödie, o della “tragedia del destino”. Il titolo venne scelto perché in quella data all’autore morirono la madre e un amico, e non ha niente a che vedere con gli eventi raccontati. Però, se non avessimo la spiegazione dell’autore, potremmo pensare che quella data fosse stata scelta per suggestione degli eventi calendariali raccontati, e ci autorizzerebbe a pensarlo la pubblicazione nel 1812 di un altro dramma del destino, “Der neunundzwanzigste Februar”, ossia “Il 29 febbraio”, in cui Adolf Müllner adottava una data che sostituiva il “bissesto” del vecchio calendario.

Per noi oggi il 24 febbraio marca l’invasione russa dell’Ucraina. Diventerà una data ricordata per lungo tempo? Molto dipenderà dalla piega che prenderanno gli even ti. È però un fatto curioso: la storia cancella e crea congiunture che si prestano a distinguere i giorni nefasti dai giorni felici. Chi ha inclinazioni pessimiste metterà in evidenza che il 24 febbraio 1848 cadde la monarchia francese; e nel 1920, nella Hofbräuhaus di Monaco, Hitler fondò il partito Nazional-Socialista. Altri storici ottimisti, però, ricordano che in questa data nel 1600 si rappresentò l’Euridice di Monteverdi, la prima opera nella storia della musica, e che nel 2008 Fidel Castro si dimise dalla carica di presidente di Cuba. Anche il calendario, insomma, complotta nel suo modo misterioso.

Professore emerito, Chicago

Accademico dei Lincei

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