C i sentiamo i “dannati” della 131, la cosiddetta Carlo Felice. Siamo in tanti, tantissimi e andiamo su e giù per tante ragioni: lavoro, per prendere un traghetto, per vacanza o per raggiungere i luoghi del potere politico istituzionale e, non ultima, magari una partita del Cagliari o della Dinamo. Ma non ci basta. Siamo anche i “dannati” della 131 Dcn che corre da Abbasanta ad Olbia. Perché dannati. Perché si viaggia, oramai da anni, su due strade di grande traffico piene di insidie per le numerosissime interruzioni molte delle quali incomprensibili.

N essuno vi lavora, fanno bella mostra cantieri fantasma senza anima viva. Si comincia il percorso ad ostacoli appena si lascia la Carlo Felice per prendere la 131 Dcn che porta ad Olbia via Nuoro. Le quattro corsie, prima di Sedilo, si restringono a due. Ma è solo l’antipasto di ciò che ci aspetta più avanti: le deviazioni non si scontano più anzi, per regalare forti emozioni ai tanti turisti in arrivo, si moltiplicano tant’è che ne abbiamo perso il conto. Una immagine che danneggia la Sardegna sempre più impegnata a collocarsi tra le più ambite destinazioni vacanza del mondo.

C’è anche un lato comico per chi ha voglia, naturalmente, di considerarlo tale. Qualche esempio giusto per capire l’efficienza sia dell’Anas che dei responsabili regionali che dovrebbero vigilare e proteggere i nostro spostamenti. Si entra in gallerie dove un cartello indica “senza illuminazione” ma si intravede qualche lampadina oppure lungo le innumerevoli deviazioni ci sono cartelli che indicano i limiti di velocità che cambiano, nel giro di poche centinaia di metri, prima da trenta poi a dieci per tornare a trenta o cinquanta. A seconda dell’umore di chi li ha piazzati. Ma non basta. Chi arriva da Olbia per immettersi, ad Abbasanta, sulla Carlo Felice prima di infilare la superstrada per Cagliari un cartello indica che per il capoluogo mancano 128 chilometri, si percorrono trecento metri e la distanza viene segnalata a 123, poi una ulteriore cartello segnala 121 e lungo lo spartitraffico si ritorna a 123. Il tutto nell’arco di poco più di cinquecento metri. Se noi ridiamo possiamo immaginare cosa passa per la testa di uno straniero in vacanza.

Una soluzione, in attesa che qualche cosa cambi nei prossimi cinquant’anni, potrebbe essere quella di lasciare la macchina in garage e prendere il treno. Abbiamo provato. Una vera avventura. Per percorrere, su strada ferrata, la distanza tra Cagliari e Sassari (poco più di 180 chilometri) ci vogliono dalle tre alle quattro ore con una infinità di fermate. Si viaggia, quindi, ad una velocità media pari a quella di una bicicletta: meno di cinquanta km all’ora. Forse siamo stati sfortunati ma abbiamo viaggiato su un treno vecchio e scomodo dove non solo funzionava a singhiozzo l’aria condizionata (comunque non regolabile e a palla), dove il bagno – sin dalla partenza – appariva sporco e puzzolente, con il distributore del sapone strappato e penzolante e senza carta igienica. Non basta. I braccioli che separano i posti mostrano la loro vecchiaia con il rivestimento oramai inesistente che mette in mostra la pericolosa anima in ferro con abbondante ruggine. Questa avventura è partita da Sassari nella cui stazione il bar – per dichiarazione di un addetto delle pulizie - è chiuso da più di dieci anni e nessuna indicazione appare nei display sistemati lungo i binari.

Qui entra in campo la solidarietà dei passeggeri ai quali chiedere se la destinazione è quella giusta. Stessa situazione alla nuova stazione di Olbia Terranova dove abbiamo trovato chiusi i bagni e non funzionava la macchina per emissione bigliet ti. A noi, poveri “dannati”, come consolazione, basterebbe sapere se l’Assessore ai trasporti o i Sindaci di Cagliari, Sassari e Olbia abbiano mai preso un treno.

Giornalista

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