N ei ragionamenti che si rincorrono in questi giorni tra inflazione, finanza e guerra, ogni tema trattato separatamente, mancano anelli sovraordinati che si fatica a chiudere – e non per carenza di sintesi o intelligenza. Il primo anello riguarda proprio la stretta interconnessione dei fenomeni. Un anno fa, come Occidente e sotto l’ombrello della Nato, abbiamo scelto di essere co-belligeranti dell’Ucraina, decisione che è diventata nel tempo sempre più cogente e impegnativa. Non discuto la scelta, ovviamente.

T uttavia la contrappongo semplicemente a un concetto di neutralità attiva che non abbiamo creduto essere efficace e giusto nei confronti di un Paese sovrano invaso. Neanche discuto le ragioni di schieramento che peraltro, giusto vent’anni fa, hanno permesso a una coalizione multinazionale guidata dagli Stati Uniti di scatenare una “guerra preventiva” sulla base di false prove e invadere l’Iraq, il tutto senza l’avvallo dell’Onu e con l’opposizione di paesi quali la Francia e la Germania. Anche allora abbiamo esercitato un potere di scelta di cui si occuperà la storia, non la cronaca.

Quel che intendo chiarire qui è che ogni scelta implica conseguenze, tanto più certe e rilevanti quanto più il mondo è diventato globalizzato e fittamente interconnesso – questa è la realtà in cui viviamo, il resto è sogno. Quali co-belligeranti abbiamo inviato soldi, armi e munizioni all’Ucraina (non ospedali, medici, medicine) e abbiamo imposto sanzioni alla Russia. Ci riesce ora difficile ammettere che – per contro – stiamo pagandone il prezzo con una severa inflazione e un terremoto finanziario di cui cogliamo solo i primi tremiti, che si ripercuote sulla popolazione in termini di portafoglio ed economia reale. I politologi nostrani si guardano bene dal legare azioni e reazioni, e fingono sorpresa, forse perché non ci giudicano un Paese maturo per comprendere la vita o perché, nel loro sentire, ogni ammissione di possibile arretramento o ingiustizia diventa una specie di tradimento. Altrimenti non si spiegherebbe la mancata chiusura anche del secondo immanente anello, quello della guerra in corso tra chi stampa carta e chi ha le materie prime, che dovrebbe invece farci riflettere e rabbrividire.

Ho sentito da poco che gli Stati Uniti hanno una capacità infinita di stampare dollari e ho ascoltato da poco Jean-Claude Trichet dire che la Bce ha tutti gli strumenti e tutte le risorse per opporsi alla speculazione finanziaria (la chiama così dimenticando chi e come ha creato la nube tossica di prodotti finanziari che ormai vale ben di più del Pil mondiale).

Beh, entrambe le affermazioni sono purtroppo errate. L’Occidente ha superato il limite della credibilità senza se e senza ma, e il sintomo della progressiva mancanza di fiducia nella moneta, nella carta, è proprio l’inflazione – è basilare. Per quanto riguarda la Bce, il vantato Mes, uno degli strumenti cardine, non avrebbe potuto salvare neanche una banca come il Credit Suisse – l’euro ha veramente poco ossigeno nell’arena globale. Il debito complessivo degli Usa (debito pubblico federale, debiti del settore finanziario-business, finanziario-sociale, degli stati e delle famiglie) ha raggiunto il 370% del Pil. Il dollaro viene ormai difeso dalla quantità e qualità d’armamenti, non dall’economia florida, non dall’esempio luminoso della democrazia e della libertà, non più da Hollywood. E chi si contrappone sono quanti possiedono le materie prime – dimentichiamoci ideologie e religioni.

È questa la lotta mortale a cui, senza accorgerci, stiamo assistendo da comprimari in difesa, passo do po passo. Come si legge altrimenti la mossa dell’Arabia Saudita di non ricapitalizzare tramite la Saudi National Bank il Credit Suisse e di farlo saltare? Un segnale, una minaccia? E come si interpreta la decisione di salvare la banca svizzera tutelando i sauditi e il Qatar, ma spazzando via 16 miliardi d’euro di bond d’ingenui risparmiatori? La guerra lascia sul terreno, comunque, una fetta di popolazione incolpevole, i risparmiatori che da domani, chiediamoci, avranno ancora la stessa fiducia nella carta?

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