“I n questo mondo di debiti viviamo solo di scandali”, cantava Antonello Venditti. Rimaniamo da quelle parti, con le ricadute della vicenda Giambruno e tutto ciò che seguirà ancora. Il governo ha confezionato la legge di bilancio e il dibattito si è subito spostato altrove. Più delle vicende di casa nostra, contano però i fatti terribili che hanno scosso la comunità internazionale. Si parla, giustamente, d’altro.

Chi se ne è occupato ha rilevato come la finanziaria sia prudente: prudente perché Meloni e Giorgetti hanno limitato le richieste fameliche dei ministri. Giorgetti ha chiesto ai colleghi una revisione delle spese dei rispettivi dicasteri, minacciando una sforbiciata generalizzata se non gli arriveranno proposte precise. Ha fatto bene. Il peso dei tagli, però, si vedrà dal prossimo anno.

Purtroppo gli analisti sanno bene che quello che i governi promettono per i prossimi dodici mesi è aleatorio, ma che le promesse per gli anni successivi sono scritte sull’acqua. Il rapporto fra debito e PIL per l’Italia dovrebbe rimanere costante per il prossimo esercizio: il che significa che il debito non scenderà. La prospettiva di tornare a ridurlo, negli anni a venire, è affidata a proposte non molto realistiche. In particolare, le spese future vengono nascoste sotto il tappeto travestendole da misure temporanee, con coperture per un anno soltanto, mentre una maggiore stabilità finanziaria prossima ventura dovrebbe essere l’esito di decisioni di cui per ora s'intravede ben poco.

P er esempio, si parla di 20 miliardi di privatizzazioni: fino a oggi, però, il governo ha più nazionalizzato (l’equivalente di oltre il 10% di quelle entrate tutte da verificare viene speso per l’acquisto, invece prossimo, del 20% della rete TIM) che privatizzato. Il principale cespite che dovrebbe finire sul mercato è il Monte dei Paschi di Siena e non è chiaro quanto possano essere valorizzate le banche in un momento nel quale i ritocchi ai tassi d’interesse implicano difficoltà specifiche per il mondo del credito. Anche per questo, Meloni è stata criticata da un commentatore economico che dovrebbe esserle amico (conservatore ed euroscettico) quale Ambrose Evans-Pritchard.

Ora, su un punto vale la pena di essere chiari: il governo può decidere quanto deficit fare, ovvero quanto aumentare (o non fare aumentare, eventualità tristemente più raro) il debito. Non può decidere quale tasso d’interesse dovrà pagare su quel debito. Quest’ultimo dipende, in ultima analisi, dalle scelte di chi il debito lo finanzia, prestandoci denaro. Costoro hanno numerosi impieghi alternativi: non esistono soltanto i BTP. Svolge un ruolo essenziale la politica monetaria, ovviamente. Ma soprattutto la credibilità: se lo Stato presenta conti impeccabili, prestarci quattrini sarà meno rischioso, quindi gli operatori saranno disponibili a farlo sulla base di una remunerazione minore.

Questa finanziaria è sicuramente meno generosa di quello che avrebbero voluto i partiti e tuttavia non basta a mettere in sicurezza il Paese. Per ora stiamo parlando d’altro e qualcuno potrebbe immaginare che l’incertezza giochi a favore del governo italiano.

Non è detto sia una scommessa saggia. Un debito pubblico di oltre 2800 miliardi fa dell’Italia un sorvegliato speciale. Più debito significa minori margini di manovra e una maggiore dipendenza dai mercati internazionali. Più dubbi serpeggiano sul futuro e più è probabile che almeno alcuni investitori tirino i remi in barca: preferendo impieghi più sicuri o aspettando che passi la nottata.

È difficile immaginare, oggi, come sarà il nostro spicchio di mondo fra un anno. Il conflitto ucraino e l’esplosione del Medio Oriente sono eventi gravidi di rischi. Il futuro della globalizzazione e degli scambi internazionali è messo a repentaglio dall’interventismo sempre più marcato di Unione Europea e Stati Uniti. È improbabile che l’inflazione rallenti al punto da cambiare la strategia delle banche centrali. Confidare nella distrazione del mondo e dei mercati è un azzardo. Questo è il vero problema per il Governo Meloni, molto più temibile di qualsiasi fibrillazione che potrà esserci all’interno della coalizione dopo il caso personale che ha investito la premier.

Direttore dell’Istituto

“Bruno Leoni”

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