A ll'inizio del Novecento, Terranova Pausania, l'odierna Olbia, già una cittadina dinamica e benestante, terminale naturale per i collegamenti della Sardegna del Nord con il continente, doveva sottostare a interessi localistici e vedere le navi fermarsi al largo di Golfo Aranci e da lì ripartire.

I passeggeri erano sbarcati e imbarcati con scialuppe, con un disagio che anticipava quello della traversata a bordo di tremende navi ottocentesche, la “Iosto” e la “Cariddi”. Il deputato tempiese Giacomo Pala guidava un drappello di politici e intellettuali che si battevano in favore di Olbia, ma neanche la sostituzione delle navi con le più moderne “Città di Cagliari” e “Città di Sassari” (quest'ultima nota per le colonie di veloci scarafaggi che la nobilitavano), riusciva a smuovere gli ostacoli campanilistici. Per dare uno spessore storico alle istanze che ci hanno riguardato in tema di trasporti, pesanti articoli e comizi incendiari furono fatti allora contro “i sordi di Roma”.

Sembra storia recente, anche nell'evoluzione. Ci vollero infatti decenni per cambiare. Solo il 29 gennaio 1921 - c'era stata nel frattempo anche una guerra mondiale - la “Città di Cagliari” attraccò al molo dell'Isola Bianca, attesa da una grande folla festante nonostante l'ora mattutina e il freddo. C'erano voluti quasi trent'anni di proteste.

E ci sono voluti altri cento anni per far perdere il sorriso ai galluresi e comunque a tutte le folle che in diversi momenti della nostra storia hanno inneggiato al progresso. (...)

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