Ricordiamoci della Grecia
Ciriaco OffedduI l Pil 2019 della Grecia raggiunge i 218 miliardi (distante dai 241 miliardi del 2008), con un rapporto debito/Pil del 182%, massimo storico, cioè con un debito pubblico che sfiora a dicembre i 400 miliardi. Questa è la conclusione dopo dieci anni di crisi greca (scoppiata nel 2010 per l'impossibilità di pagare gli interessi sul debito, arrivato al 150% del Pil) e dopo la chiusura del programma di salvataggio da parte della Troika, con prestiti e aiuti per un totale di 326 miliardi. Vediamo di raccogliere altri dati su questo triste successo della finanza (le banche sono state salvate, alleluia, e l'Italia ha contribuito per 40 miliardi), tutto sulla pelle di un popolo straziato. In primis, tra i risultati, la dissoluzione del welfare, con tagli draconiani e solamente il 5% del Pil destinato alla sanità. Come riportato dal Fatto Quotidiano e Dianeosis, «un cittadino su cinque non riesce a pagare le spese sanitarie, un paziente con cancro su tre non può incontrare il proprio medico regolarmente, uno su quattro ha difficoltà ad accedere alle medicine, e sei pazienti con diabete su dieci non riescono ad avere le cure. Negli ospedali pubblici mancano vaccini, fili per le suture, salviette e carta igienica».
E inoltre un infermiere cura oltre 40 pazienti e le famiglie sono costrette a ingaggiare infermieri privati per assistere i propri congiunti, un chirurgo si accontenta di 600 euro al mese». In più, come se non bastasse, un massiccio piano di privatizzazioni (aeroporti, porti, flotte, autostrade, compagnie del gas, marine, ecc.). Indovinate chi ha comprato?
In conclusione, oggi sette greci su dieci versano in povertà; il 61% dei lavoratori guadagna meno di 1.000 euro lordi, e solo il 21% riceve un salario compreso tra i 1.000 e i 1.500 euro; la disoccupazione è oltre il 20%, quella giovanile oltre il 50%; mezzo milione di persone sono emigrate all'estero, 200mila negozi hanno chiuso. Eccetera.
Riavvolgiamo il film. La Grecia, una nazione, un popolo, entra in crisi perché nel 2010 non ha liquidità per ripagare gli interessi su un debito di appena 350 miliardi (in un'Europa dei popoli si potevano trovare altre soluzioni). Il primo piano di prestiti europei chiede in cambio tagli alle pensioni e ai salari, aumenti delle tasse e riforme strutturali (“la Grecia è corrotta”). Sugli scioperi e sugli episodi tragici viene steso il silenzio.
Il secondo piano di salvataggio, nel 2012, chiede un aumento di tasse sulla casa, un nuovo taglio delle pensioni, il licenziamento di 30mila statali, pesantissime misure di contenimento della spesa pubblica (chiamate haircut, taglio di capelli - ogni riferimento ad Auschwitz è puramente casuale). Le condizioni di vita della popolazione diventano durissime. Tre milioni e mezzo gli occupati, tre milioni tra disoccupati e popolazione inattiva. Alle cure mediche provvedono gli “Ambulatori Popolari”, visto che i fondi per gli ospedali pubblici sono stati dimezzati. Sulle guerriglie che si scatenano da piazza Syntagma per il paese, nessuno in Europa è reso edotto.
Nel 2015, di fronte a una mancanza di liquidità di appena 1,6 miliardi, e nonostante un referendum che rifiuta le scandalose proposte di ristrutturazione del debito, Tsipras cede ai creditori. Il terzo piano di salvataggio (delle banche) porta un aumento dell'Iva e delle imposte indirette, limiti ai prelievi bancari e una dura riforma delle pensioni e del lavoro. Per arrivare comunque ai pessimi risultati del 2019, con una nazione spolpata, svenduta, ma col sistema bancario al sicuro. Storia recentissima.
Consideriamo ora il debito pubblico italiano: ad aprile supera i 2.467 miliardi, con un balzo mensile di 36 miliardi. Le peggiori previsioni indicavano in 2.480 il debito a fine giugno, ahi, con un rapporto debito/Pil tendenziale del 153%. Chiudiamo pure gli occhi, ma le parole di Ursula von der Leyen sulla decisione di “non prendere in prestito denaro dai figli” e sulle “misure contro l'impatto della criminalità organizzata nel settore pubblico”, citate tra le priorità italiane, non mi fanno dormire. Ammesso e non concesso che questi famosi miliardi del Mes arrivino mai a Roma.
CIRIACO OFFEDDU