L'autunno in salsa greca
Ciriaco OffedduA fine 2007, prima della crisi della Lehman, il rapporto debito-Pil italiano era pari al 103%. A fine 2019, il rapporto raggiunge il 135%, con un debito monstre di 2.409 miliardi di euro e un Pil di 1.788 miliardi, insufficiente a recuperare i risultati del 2007. Il primo fatto: l'economia italiana è stata incapace, in 12 anni, di riemergere dalla crisi, cumulando 804 miliardi di debito aggiuntivo.
E poi il giudice che regola l'accesso ai microfoni, il procedimento che scivola via, come un classico pasticcio all'italiana, fluido ma non troppo, gelatinoso.
In realtà, mai epidemia giunse più a proposito per coloro che ritengono essere la giustizia una questione tra l'imputato e il giudice, cioè una questione amministrativa gerarchicamente regolata. Cosa è l'esigenza di verità? Cosa è questa perdita di tempo del processo, della dialettica tra accusa e difesa? Tempo perso. L'uomo è tendenzialmente cattivo e imbroglione, il giudice è buono e giusto. Il giudice guarda le carte e emette la sentenza, come il medico valuta i sintomi e compila la diagnosi. Cosa è questa pretesa di contraddittorio? L'accusa è la più nobile delle funzioni! Perché l'accusa è lo Stato, l'accusa siamo noi tutti. L'accusa è una e trina (Magistratura, Carabinieri e Guardia di Finanza) non può sbagliare. Perché perdere tempo? Facciamo una cosetta veloce: l'imputato può chiedere attenuanti, patteggiare sconti, ridurre sanzioni, ma difendersi sul serio, questo non lo deve fare, perché è lesa maestà. Al massimo può farlo a distanza, ecco, a distanza.
Possiamo comunque star sereni: il sistema funziona, perché ciò che deve essere distanziato non è quel fattore di disturbo che risulta essere l'avvocato (quando è capace); no, l'avvocato è la difficoltà prevista, poi in Sardegna ci si conosce tutti, pochi avvocati (per non dire nessuno) hanno mai denunciato un Pm, perché bisogna pur saper campare a questo mondo, e che diamine! L'avvocato sardo standard (con rare eccezioni) dice al cliente: «Fatti picchiare; se rimani vivo, ti difendo per bene».
Il distanziamento riguarda il popolo, colui in nome del quale il giudice emette la sentenza. Nel processo a porte chiuse o semichiuse, e comunque a distanza, il popolo è invitato a farsi i fatti suoi. Si possono regolare gli accessi in un bar; si possono disciplinare le entrate in una biblioteca, ma celebrare un processo con pubblico no.
Non si dica, però, che si tratta dell'ammissione al processo dei soli giornalisti, perché anche i giornalisti vivono nell'ecosistema dei palazzacci di Giustizia e lentamente cambiano i loro pigmenti, diventano quasi tutti togati. Che dire infatti delle intercettazioni tra magistrati e giornalisti emerse dal caso Palamara (per non parlare delle rivelazioni sui talk show politici gestiti con copioni predefiniti)? Che dire del fatto che Palamara, per il Gip, ha ricevuto molte richieste (come accade a tanti politici) ma non ha commesso alcun reato? E allora perché le sue intercettazioni, prima che il processo fosse celebrato, sono state date in pasto al popolo? Perché è stato chiamato il popolo a smembrarne le carni morali come fecero i cavalli del corpo del traditore Gano?
La risposta è semplice: perché il popolo è un'astrazione strumentale. Esiste in potenza, ma si usa all'occorrenza. Oggi non serve, oggi deve stare a distanza perché la giustizia è una pratica, un fascicolo, che gronda sangue e ingiustizia, ma pur sempre un fascicolo e il popolo, si sa, non sa leggere.
PAOLO MANINCHEDDA