La Corte europea dei diritti dell’uomo ha giudicato l’Italia colpevole di aver violato il diritto alla vita familiare e privata di una bambina.

Per i giudici alla piccola, nata nel 2019 in Ucraina con il ricorso alla maternità surrogata, è stato impedito il riconoscimento legale del rapporto di filiazione con il padre biologico, rendendola un'apolide.

La Corte ha inoltre stabilito che le autorità italiane dovranno versare alla bimba 15mila euro per danni morali e 9.536 per le spese legali sostenute dal padre biologico e dalla madre intenzionale.

Il caso è stato portato all’attenzione di Strasburgo nel 2021 dal padre e dalla madre, entrambi cittadini italiani, ma nella sentenza non ne vengono indicate le generalità.

Il ricorso è arrivato dopo che i due si sono visti rifiutare ripetutamente dagli uffici dell'anagrafe e dai tribunali italiani il riconoscimento legale del legame con la piccola. Nel documento si specifica che "il rifiuto delle autorità nazionali di riconoscere il padre biologico e la madre intenzionale come suoi genitori, da un lato, e il fatto che non avesse la cittadinanza, dall'altro, la ponevano in uno stato di grande incertezza giuridica".

La bambina, afferma l'avvocato della coppia, Giorgio Muccio, non ha documenti d'identità, né tessera sanitaria, o accesso alla sanità e istruzione pubblica. Nella sentenza la Corte di Strasburgo riconosce che la piccola, che ha 4 anni, "è stata tenuta fin dalla nascita in uno stato di prolungata incertezza sulla sua identità personale", e conclude che "i tribunali italiani hanno fallito nell'adempiere all'obbligo di prendere una decisione rapida per stabilire il rapporto giuridico della bimba con il padre biologico".

(Unioneonline/s.s.)

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