Eccezionale scoperta scientifica in Spagna, anche grazie a un ricercatore di Sassari. Il gruppo di lavoro ha scoperto tre nuovi casi di porfiria infantile, una delle forme più rare conosciute. Il partecipante all’impresa, originario del capoluogo turritano, si chiama Francesco Urigo, laureato in Scienze Biologiche, e Biologia Sperimentale e Applicata, dal 2021 impegnato nello specializzarsi tra le università di Ratisbona, Cagliari e ora Navarra, Pamplona, dove è dottorando in medicina applicata per Cima, il centro di ricerca biomedico spagnolo. E proprio in questa realtà il 31enne ha contribuito all’esito di uno studio che potrebbe fornire un contributo chiave per comprendere la patologia.

La porfiria è un gruppo di malattie metaboliche rare provocate da anomalie nella produzione dell’eme, molecola decisiva per il trasporto dell’ossigeno nel sangue. Da tempo viene definita nella vulgata “malattia dei vampiri” perché chi ne soffre patisce l’esposizione alla luce e, nei casi peggiori, le gengive tendono a ritrarsi rendendo i denti molto più sporgenti. I sintomi possono essere neurologici, psichiatrici e cutanei, oppure un insieme di questi, con conseguenze talvolta invalidanti per coloro che ne sono affetti.

Per Francesco la filosofia professionale, estratta dal suo libro preferito, Il conte di Montecristo, è «trasformare le avversità in conoscenza e la conoscenza in libertà». Proprio quello fatto a Navarra, perché quanto appurato dagli scienziati rappresenta un risultato straordinario. Infatti finora, della porfiria da carenza di Ala-deidratasi si erano identificati solo 10 casi e, tra quelli scoperti in Spagna, vi è anche il primo mai accertato in una bambina. Per i ricercatori la scoperta porterà a capire meglio, sostengono, «i meccanismi genetici e ambientali che stanno alla base di questa forma ultra rara di porfiria, nonché il suo possibile legame con la tossicità da metalli pesanti». In sostanza, «lo studio ha descritto che in alcuni pazienti adulti con intossicazione grave da piombo la sintomatologia clinica risultava simile a quella della porfiria infantile, suggerendo un’interessante sovrapposizione o confondibilità tra esposizione a metalli e malattia genetica».  Con risultati che potrebbero rivelarsi fondamentali perché sono state scovate le «varianti del gene responsabile con diversa espressione e comportamento biochimico. Questo indica una notevole eterogeneità molecolare nella malattia, e potrebbe aiutare a spiegare perché alcune persone risultano più suscettibili agli effetti tossici del piombo o ad altri fattori ambientali».  

Lo studio è stato realizzato dal team guidato da Antonio Fontanellas Romá, leader del gruppo di ricerca “Hepatología: Porfirias y Carcinogénesis”, Investigatore responsabile; Matías Ávila Zaragozá, direttore/co-direttore del gruppo e collaboratore attivo nei progetti sul modello animale e sulle terapie con Rna; Pedro Berraondo López, membro del gruppo di ricerca, co-autore/co-responsabile in alcuni studi su terapie e modelli sperimentali. E appunto da Francesco Urigo, ricercatore in formazione, Ana Sampedro Pascual, tecnico di laboratorio nel gruppo “Hepatología: Porfirias y Carcinogénesis”, Daniel Jericó Asenjo, tecnico di laboratorio del gruppo. Lavoro realizzato nell’ambito del network del CIBEREHD (Centro di Ricerca Biomedica in Rete per le Malattie Epatiche e Digestive), con la collaborazione dell’area del CIBERER (Centro di Ricerca Biomedica per le Malattie Rare). La ricerca è stata finanziata dall’Instituto de Salud Carlos III e dalla Fundación Mutua Madrileña. 

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