Nei giorni scorsi si è tenuto un Consiglio Europeo straordinario per discutere sulla questione “Ucraina” all’esito delle nuovissime determinazioni degli Stati Uniti d’America di Donald Trump. In buona sostanza, e per condensare i termini della questione, i leader europei sembrerebbero nutrire il timore (fondato o meno sarà il tempo a dirlo) che Donald Trump, nell’intento di presentarsi al mondo, ma soprattutto al suo elettorato, come indiscusso mediatore di pace, possa spingere l’Ucraina a negoziare una pace tutt’altro che vantaggiosa. Tanto più laddove si voglia considerare che, lo stesso potentissimo Elon Musk, avrebbe dichiarato che “non ha senso che l’America paghi per la difesa dell’Europa” la quale, come negli anni trascorsi sostenuto da Donald Trump nel corso del suo primo mandato, dovrebbe invece mettere più soldi nell’Alleanza Atlantica. Ed ancor di più, laddove si voglia considerare che, ancora Elon Musk, si sia detto convinto che l’America dovrebbe uscire dalla Nato e che, “senza Starlink l’esercito Ucraino crollerebbe”. Ebbene. Tale, e di siffatta consistenza, parrebbe essere lo stato dell’arte, per così dire. E quello appena riunitosi, d’altra parte, parrebbe essere stato un Consiglio Europeo di carattere unicamente valutativo, se così lo si volesse definire, siccome ogni decisione effettivamente operativa sembrerebbe essere stata rimandata al prossimo Consiglio del 20 e del 21 marzo prossimi.

Insomma, un Consiglio di indirizzo politico la cui dichiarazione finale, sebbene votata a maggioranza, non è stata comunque unanime nel consenso per la mancata adesione dell’Ungheria, il cui Primo Ministro, stando alle notizie circolate sui media, non avrebbe condiviso l’intento non solo di continuare a sostenere militarmente l’Ucraina, ma anche di assorbire i costi che gli Stati Uniti avrebbero smesso di pagare.

Cinque sembrerebbero allora essere i punti chiave oggetto delle deliberazioni del Consiglio Europeo. Principi che, tutto considerato, nella sostanza, sembrerebbero (il condizionale appare sempre doveroso) non aggiungere nulla di nuovo a quanto finora sostenuto dall’Unione Europea in uno, grosso modo, a quella che fu la amministrazione Biden e che, forse, parrebbero riflettere tutte le criticità emergenti, ed ancora esistenti, all’esito dell’annunciato disimpegno degli Stati Uniti di Donald Trump, siccome portatori e sostenitori di una posizione diametralmente opposta a quella della richiamata trascorsa amministrazione: nessun negoziato sull’Ucraina senza l’Ucraina; nessun negoziato senza l’Unione Europea ove quel negoziato possa incidere sulla sicurezza della stessa per essere la sicurezza dell’Ucraina, dell’Unione Europea e transatlantica connesse reciprocamente; garanzie di sicurezza per l’Ucraina; rispetto per l'indipendenza, la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina. E allora? ReArm Europe Plan, progetto non altrimenti verificato dal Parlamento Europeo, quale finalità avrebbe? Sarebbe davvero utile? Il cosiddetto “riarmo” a carico di chi sarebbe? Configurerebbe una “difesa” unitaria davvero “comune” oppure si tratterebbe di un progetto i cui costi andrebbero alla fine a ricadere sugli Stati Membri? A chi gioverebbe? Tanto più allorquando, si voglia considerare che l’articolo 5 della Nato, che la Presidente del Consiglio dei Ministri parrebbe aver prospettato di voler vedere esteso alla Ucraina, sia pure sia estremamente complesso prevedere il come (ammesso e probabilmente non concesso che ciò sia possibile), notoriamente prevede che un qualunque attacco contro uno dei Paesi Membri debba essere considerato come un attacco contro tutti con conseguente risposta collettiva.

Ma se l’ingresso della Ucraina in Nato non sarebbe allo stato in discussione, come sarebbe possibile farla rientrare nelle disposizioni del richiamato articolo 5? Gli Stati Uniti di Donald Trump hanno escluso siffatta ipotesi, e per Vladimir Putin l’Ucraina di Volodymir Zelensky, sembrerebbe essere una cosiddetta “linea rossa”. Il riarmo, anche a tutto voler considerare, nel panorama geopolitico attuale, non parrebbe essere una soluzione. Sarebbe maggiormente interessante e probabilmente assai più utile dare corso ad ampi percorsi diplomatici verso il cessate il fuoco per poi poter riflettere sul futuro dell’Unione Europea e sulla sua riorganizzazione utile per affrontare le sfide tecnologiche ambientali e sociologiche future.

Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro

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