Cinque agenti della National Security egiziana sarebbero finiti sotto inchiesta per l'omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore friulano torturato e ucciso esattamente un anno fa al Cairo.

Si tratta di un colonnello e due agenti semplici della squadra che ritrovò i documenti del giovane dopo un blitz nel covo di una banda di criminali nella capitale egiziana, specializzata - venne riferito - nel rapimento di occidentali; e di due ufficiali che tra dicembre 2015 e gennaio 2016 pedinarono Giulio, dopo la denuncia di Muhammad Abdallah.

Ovvero, il capo del sindacato egiziano dei venditori ambulanti che segnalò Regeni alle autorità del Cairo, protagonista di un video.

Nel filmato, girato pochi giorni prima della scomparsa del ricercatore italiano, l'ambulante chiede soldi a Regeni per i problemi di salute di sua moglie e sua figlia.

"Ho inventato questa storia per trascinarlo nel discorso e mostrare che era una spia, perché le domande che mi aveva fatto nei giorni precedenti erano sospette", ha spiegato oggi l'uomo in un'intervista ai media egiziani.

"Era una spia" e "l'ho segnalato alla polizia mosso da spinta nazionalistica, ma dietro la sua morte ci sono apparati stranieri", ha aggiunto.

Le domande di Regeni che avrebbero insospettito Abdallah riguardavano "la rivoluzione, la repressione degli ambulanti da parte della polizia e le loro condizioni sociali".

Oggi, anniversario della tragica scomparsa di Giulio, sono previste manifestazioni e fiaccolate in varie città italiane.
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