Il colpo di fulmine ha portato a ventitré anni di fidanzamento («Quasi 24») e alla volontà, infine, di stabilizzare il rapporto. Appuntamento al 30 novembre, Municipio di Gran Canaria, la principale delle isole al largo delle coste africane, oceano Atlantico, territorio spagnolo. Ma all’ultima curva l’ostacolo che ci si dovrebbe aspettare, la burocrazia italiana, rischia di far saltare tutto. Il problema è il sesso degli sposi. Gli innamorati si chiamano Airicki Rubiu e Tiziano Demartis, sono due uomini, hanno 46 e 50 anni, sono originari della Sardegna, vivono all’estero da 13 anni e hanno deciso di rendere definitivamente stabile la loro unione.

«Capacità matrimoniale»

Per farlo serve un documento (di “capacità matrimoniale”, tradotto in più lingue) nel quale il Comune di origine attesti per ciascuno l’assenza di impedimenti a compiere quel passo. A inizio settembre Rubiu, che viveva a Sinnai, l’ha avuto; Demartis, residente a Porto Torres, no: il Comune ha ritenuto che la legge consenta solo un’unione civile (non un matrimonio: le parole contano). Chi sbaglia?

La legge e la vita vera

Quando c’è di mezzo l’Italia trovare la risposta non è semplice, dovendo districarsi tra norme nazionali e internazionali e differenti interpretazioni. In mezzo ci sono i futuri sposi. Si erano conosciuti nella costa sud, dove Demartis era in vacanza. Rubiu era sempre stato fidanzato con ragazze, «ma quando ho conosciuto Tiziano mi sono innamorato subito». L’aveva seguito a Bergamo per un anno, poi erano andati a Vicenza (direttore di un supermarket lui, orafo il compagno) per tornare in Sardegna e aprire un’agenzia di viaggi. Infine il trasloco a Gran Canaria «14 anni fa». Oggi lavorano nel centro benessere di un albergo, hanno comprato casa e desiderano sposarsi. Hanno consegnato i documenti al registro civile, scelto i testimoni, avvisato genitori e fratelli. «Vogliamo legalizzare l’unione e tutelarci, non si sa quel che potrebbe accadere domani. Stiamo assieme da 23 anni, se non è amore questo…Ma serve quella documentazione». Che Porto Torres non rilascia.

La carta negata

Il 30 novembre è dietro l’angolo. Si potrebbe ricorrere d’urgenza al Tar ma non c’è certezza sui tempi, spiega l’avvocato Mauro Cuccu: il legale sta seguendo il caso e il 20 settembre ha inviato una diffida all’amministrazione turritana parlando di un «diniego basato su un’affermazione discriminatoria», in quanto il «no al rilascio» è legato al sesso maschile di entrambi gli sposi. Le convenzioni internazionali e le norme nazionali «obbligano i Comuni a rilasciare il certificato» e, ha spiegato, «il matrimonio è valido se così viene considerato dalla legge del luogo di celebrazione», dunque «la Spagna». Il sindaco Massimo Mulas sostiene invece che l’atto va consegnato solo «nel caso siano soddisfatte le condizioni necessarie a sposarsi richieste dalla legge italiana», che «impedisce la trascrizione nei registri dello stato civile» di un matrimonio celebrato «all’estero tra persone dello stesso sesso tra un cittadino italiano e uno straniero». Atto che può «essere trascritto nel nostro ordinamento come unione civile» perché è «trascrivibile come matrimonio solo quello contratto all’estero da due cittadini stranieri».

Il municipio di Porto Torres (L'Unione Sarda)
Il municipio di Porto Torres (L'Unione Sarda)
Il municipio di Porto Torres (L'Unione Sarda)

Il percorso a ostacoli

Per risolvere il problema, suggerisce il sindaco, si può chiedere al consolato italiano alle Canarie «un’attestazione di assenza di impedimenti» al matrimonio; all’ufficio Anagrafe del Comune di residenza e a quello Civile del Comune di nascita «un certificato di stato libero e un estratto di nascita plurilingue» che dimostri «l’assenza di vincoli matrimoniali»; fissare «un appuntamento» con l’Ufficiale dello Stato civile di Porto Torres per «sottoscrivere il verbale di costituzione dell’unione civile» e poi, «entro 30 giorni», accertata «l’inesistenza di impedimenti di legge» arriverebbe la certificazione da consegnare al Municipio spagnolo per sposarsi «validamente». Un percorso a ostacoli. «Pensiamo di rivolgerci alle associazioni di riferimento per sollevare il problema», dicono Rubiu e Demartis. Che vedono il matrimonio più lontano.

Andrea Manunza

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