«C’è il rischio di una guerra totale. Non va dimenticato che l’Iran soffia sul fuoco. Penso ci sia un collegamento tra la Russia e l’Iran. Si parla di finanziamenti russi che arrivano agli Hezbollah tramite Teheran». Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano, analizza lo scenario di Medio Oriente, di nuovo teatro di eventi tragici per l’ennesimo capitolo, uno dei più drammatici, del conflitto israelo-palestinese.

Quale sarà l’evoluzione di questa guerra?

«L’offensiva israeliana via terra  a Gaza provocherà nuove vittime e un surriscaldamento della tensione con due fronti in particolare da valutare. Lungo la frontiera israelo-libanese, da diversi giorni, aumentano gli scambi con l’artiglieria. Prima o poi gli Hezbollah potrebbero decidere di fare qualcosa di più grave con la conseguente dura reazione israeliana. L’altra direzione è quella delle piazze arabe che stanno manifestando rabbia e malcontento».

Dalle piazze che cosa potrebbe scaturire?

«C’è il pericolo concreto di deflagrazione con una rivolta delle popolazioni. Sarebbe un’emergenza più difficile da tenere sotto controllo per Israele. Un aspetto deve essere chiaro: è necessario che Israele individui una strategia politica per gestire la questione palestinese, una strategia per consentire allo Stato palestinese di nascere. È l’unica possibilità per raggiungere la pace in Medio Oriente. Questa è la verità».

Netanyahu ha detto più volte che non crede alla soluzione dei due Stati.

«Non crede agli accordi di Oslo. Il punto vero è questo: Israele deve accettare i confini del 1967 e prevedere piccole concessioni territoriali a condizione di reciprocità. L’esasperazione dei fanatismi religiosi, da una parte e dall’altra, non ha creato le condizioni per raggiungere l’obiettivo. Purtroppo, bisogna ricordare che nel Governo guidato da Benjamin Netanyahu ci sono personaggi impresentabili che non possono essere associati a un governo che vuole essere democratico. Dico questo ben consapevole della differenza abissale tra lo Stato di Israele e le organizzazioni terroristiche come Hamas e la Jihad islamica e di quanto sia stato feroce l'attacco di Hamas a Israele».

Anche questa guerra è la conseguenza della disgregazione di un vecchio ordine del mondo?

«Biden ha detto una cosa molto chiara: tutto quello che succede sono pezzi di uno scenario molto instabile. Questa situazione porta vantaggi a Putin. Ha rotto la pace in Europa, 19 mesi fa, con l’attacco all’Ucraina, e continua a romperla».

Quali sono le prospettive?

«A Tel Aviv, a Gaza, Teheran, Beirut, ci sono troppe persone che pensano di risolvere la questione che hanno in mente. Quando in troppi pensano che sia il momento buono per chiudere la partita, la possibilità di una escalation devastante aumenta. Ci vuole un nuovo governo politico della guerra. Diceva von Clausewitz che “la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi”. Questa nuova drammatica crisi deve essere guidata dalla ragion politica e non dallo spirito di vendetta e dalla furia di distruzione».

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