È guerra in Libia tra il governo di unità nazionale guidato da Al Serraj e le milizie del generale Khalifa Aftar, definito dallo stesso Al Serraj "un traditore".

Le truppe di quest'ultimo sono ormai arrivate alla capitale Tripoli, costringendo l'esecutivo, riconosciuto dalla comunità internazionale, a dare il via a una "controffensiva" (nome in codice Vulcano della collera) finalizzata - queste le parole di un portavoce dell'esercito - a "ripulire tutte le città" dalle "forze illegittime".

Dal canto proprio le milizie di Haftar hanno iniziato a effettuare raid aerei alla periferia di Tripoli.

Insomma. un conflitto ormai aperto, che nemmeno gli appelli del Consiglio di Sicurezza dell'Onu sono riusciti, se non a evitare, almeno a rinviare.

Una situazione che precipita di ora in ora, tanto che Stati e multinazionali hanno cominciato le operazioni di evacuazione del proprio personale.

Lo ha fatto, ad esempio, l'Eni e lo stanno facendo anche gli Stati Uniti.

"A causa dei crescenti disordini in Libia - riferisce Washington - un contingente di forze americane che sostiene il Comando Usa in Africa è stato temporaneamente trasferito dal Paese in conseguenza delle condizioni di sicurezza sul terreno".

Il Comando Usa per l'Africa, che ha sede in Germania, a Stoccarda, riferisce inoltre che la sua missione in Libia era finalizzata a "sostegno militare a missioni diplomatiche, attività di anti-terrorismo, miglioramento delle partnership e miglioramento della sicurezza nella regione".

Nonostante il ritiro, fa sapere ancora l'esercito statinitense, continueremo a "monitorare le condizioni sul terreno in Libia e a valutare la fattibilità di una nuova presenza militare Usa".

(Unioneonline/l.f.)

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