Benjamin Netanyahu continua a restare sulla graticola.

Il premier israeliano, coinvolto in un'inchiesta per corruzione, ribattezzata "Caso 4.000", potrebbe presto essere interrogato dai giudici, mentre, dopo gli arresti di domenica scorsa, altre due persone di spicco del suo entourage sono finite in manette.

Stando a quanto riferito dalla stampa dello Stato ebraico, l'entourage di Netanyahu avrebbe intessuto, tra il 2015 e il 2017, relazioni illecite con Saul Elovitch, azionista di controllo della compagnia di comunicazioni Bezeq e proprietario del sito di news Walla, stipulando un "accordo" in base al quale Walla avrebbe trattato con i guanti Netanyahu, mentre, dal canto proprio, il governo, e in particolare il ministero per le Comunicazioni, avrebbe favorito il gruppo Bezeq.

E, secondo il Times of Israel, gli investigatori avrebbero una "prova significativa" del coinvolgimento del numero uno di Tel Aviv nella vicenda.

A finire agli arresti, per il momento, sono stati lo stesso Elovitch, sua moglie, suo figlio, il funzionario del ministero Shlomo Filber, l'ex portavoce del premier Nir Hefetz e i vertici del gruppo Bezeq.

Dal canto proprio, Netanyahu - già accusato, in un'inchiesta collegata (il Caso 1.000) - di aver incassato 230mila euro in sigari e champagne da due imprenditori - nega con forza ogni addebito.

Ma il nome del premier è spuntato fuori anche in altre due inchieste:

il "Caso 2.000" (favori al quotidiano Yedioth Ahronoth per danneggiare la concorrenza) e il "Caso 3.000" (presunte tangenti per una fornitura di sommergibili tedschi a Israele).

Le indagini proseguono.

(Unioneonline/l.f.)

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