È morto Ian Wilmut, l’embriologo divenuto celebre per aver clonato la pecora Dolly. Aveva 79 anni ed era affetto dal Parkinson.

I suoi studi lasciano un segno indelebile, «un titano della scienza» lo ha definito l'Università di Edimburgo, della quale fa parte l'Istituto Roslin dove Wilmut ha lavorato a lungo e nel quale nel 1996 è avvenuta la prima clonazione di un mammifero, annunciata al mondo nel 1997 dalle pagine della rivista Nature.

Wilmut «ha trasformato il pensiero scientifico del suo tempo. Quel traguardo continua ancora ad alimentare molti dei progressi che oggi vengono fatti nella medicina rigenerativa», scrive sul sito dell'università il vicecancelliere, Sir Peter Mathieson.

La notizia della clonazione della pecora Dolly ha fatto immediatamente il giro del mondo e inizialmente aveva colpito soprattutto la possibilità di ottenere la copia di un mammifero, tanto che in molti pensarono anche all'uomo. Ma il senso della ricerca di Wilmut e del suo gruppo, nel quale ha avuto un ruolo fondamentale Keith Campbell, era molto diverso: lo stanno dimostrando i grandi progressi fatti in 27 anni e che stanno avvicinando sempre di più la medicina rigenerativa.

Per la prima volta era stato possibile dimostrare che lo sviluppo di una cellula non è irreversibile. Ossia: una cellula adulta e specializzata può essere riportata indietro nel tempo e fatta regredire fino a uno stato indifferenziato, dal quale può riprendere a svilupparsi in nuove direzioni, dando origine a un embrione o a cellule di tessuti diversi.

E così topi, mucche e tori, mufloni, scimmie e cavalli sono stati clonati negli anni immediatamente successivi alla nascita di Dolly, permettendo di affinare la tecnica del trasferimento nucleare e di conoscere meglio molti dei fattori della riprogrammazione cellulare.

Il sogno di Wilmut, però, era riuscire a coltivare in laboratorio organi destinati ai trapianti.

(Unioneonline/s.s.)

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