Si riaccendono le tensioni in Catalogna, la regione spagnola sotto la tutela del governo centrale da quasi cinque mesi, dopo la dichiarazione d'indipendenza votata dal suo Parlamento il 27 ottobre ma sospesa finché non ci sarà un nuovo governo regionale.

Il giudice della Corte Suprema ha formalmente incriminato 13 leader dell'indipendenza per "ribellione". Ne ha incarcerati cinque, tra cui Jordi Turull, il candidato presidente che ha tentato di essere eletto al secondo turno dal Parlamento catalano, e ha lanciato mandati di cattura internazionali contro altri sei indipendentisti fuggiti all'estero: tra questi l'ex presidente della Generalitat, Carles Puigdemont. Altri quattro sono già in prigione da mesi.

LE PROTESTE - La notizia ha acceso i manifestanti, che sono scesi in piazza a Barcellona bruciando le foto di Re Felipe VI e del premier Mariano Rajoy e chiedendo "Libertà per i prigionieri politici".

Le forze di polizia in assetto anti-sommossa hanno picchiato i dimostranti che si stavano avvicinando davanti alla prefettura: 24 persone sono state lievemente ferite, secondo i soccorritori.

La televisione catalana ha trasmesso immagini di diverse proteste in altre città della regione, come Vic e Tarragona.

PUIGDEMONT E IGLESIAS - "È sufficiente far passare per violenti coloro che hanno organizzato le proteste più pacifiche e massicce della recente storia europea - ha risposto Carles Puigdemont dalla Finlandia -. Lo Stato spagnolo antidemocratico è una vergogna per l'Europa".

"È indecente - ha twittato il numero uno di Podemos, Pablo Iglesias - che, mentre i corrotti godono della più scandalosa impunità, i dirigenti catalani finiscano in carcere o in esilio. Desideriamo la Catalogna in una Spagna fraterna. Il conflitto catalano deve essere risolto politicamente, con dialogo e ascolto, non con la forza".

(Unioneonline/D)

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