Oltre 300.000 sfollati, almeno 135 morti, 5.000 feriti e decine di dispersi.

Continua la conta delle vittime a Beirut, dopo le due gigantesche esplosioni di martedì, in cui è rimasto ferito lievemente anche un militare italiano.

Si scava ancora sotto le macerie e i sommozzatori stanno ancora scandagliando le acque alla ricerca di corpi, a pochi metri da una nave dell'Unifil, la forza dell'Onu di interposizione tra il Libano e Israele, gravemente danneggiata.

Le distruzioni maggiori si registrano nei quartieri orientali cristiani più vicini al porto: Mar Mikhael, Geitawi, Ashrafieh, Bourj Hammoud, ma lo spostamento d'aria ha scardinato le porte e mandato in frantumi le finestre fino a chilometri di distanza.

Mentre il governo ha dichiarato uno stato d'emergenza per almeno due settimane, il ministro della salute Hamad Hasan ha invitato chi può a lasciare la città per il timore della diffusione nell'aria di sostanze tossiche.

Il presidente della Repubblica, Michel Aoun, ha convocato una riunione con il governo, chiedendo che i responsabili siano presto individuati.

A provocare la devastazione sarebbe stata la deflagrazione di 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio stoccate nel porto, ma la versione ufficiale del governo libanese non convince tutti, ma alcuni testimoni avrebbero riferito di avere sentito il rumore di aerei poco prima delle esplosioni. Qualcuno inoltre fa notare che i voli di ricognizione israeliani si sono intensificati nelle ultime settimane in coincidenza con una recrudescenza delle tensioni di confine fra lo Stato ebraico e le milizie libanesi filo-iraniane di Hezbollah. Entrambe le parti hanno del resto smentito l'ipotesi di un raid israeliano mal calcolato contro depositi di armi del Partito di Dio.

Ad alimentare i dubbi sulla dinamica degli eventi anche il presidente americano Donald Trump, che ha affermato di avere avuto informazioni dai suoi generali secondo le quali il disastro potrebbe essere stato provocato da "una bomba di qualche tipo". Salvo poi essere smentito da fonti anonime del Pentagono citate dalla Cnn. L'ex primo ministro Saad Hariri, avversario di Hezbollah, ha descritto la tragedia come "l'assassinio di Beirut", aggiungendo: "I libanesi sanno di chi parlo".

Momenti di tensione si sono avuti tra sostenitori e oppositori dello stesso Hariri durante una visita sulla Piazza dei Martiri alla tomba del padre Rafic, ucciso nel 2005 insieme ad altre 21 persone in un attentato per il quale sono imputati quattro membri di Hezbollah, tutti latitanti. Il Tribunale speciale dell'Onu, responsabile per il procedimento, ha deciso di rinviare al 18 agosto la sentenza, in origine prevista per venerdì.

(Unioneonline/F)
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