Nuovo attacco israeliano a Unifil, colpita anche la postazione italiana e abbattuti i muri di protezione. Crosetto: «Non ci ritiriamo»
Esplosioni vicino alla base principale della missione: feriti due militari, uno in gravi condizioni. Tel Aviv: «Un incidente»(Ansa)
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Caschi blu dell’Onu sempre più sotto attacco in Libano.
Dopo gli attacchi di ieri Israele ha nuovamente aperto il fuoco questa mattina.
Prima ha colpito la base principale della missione Unifil, guidata dalla Brigata Sassari, a Naqoura, nel Libano meridionale, al cui interno ci sono una settantina di soldati italiani. Nelle esplosioni due militari cingalesi sono rimasti feriti, uno di loro è in gravi condizioni.
Poco dopo è stata presa di mira una base italiana, la 1-31 (già colpita ieri) e sarebbero stati abbattuti alcuni muri di demarcazione della stessa. Lo fa sapere la stessa Unifil: «Oggi diversi muri a T nella nostra postazione Onu 1-31, vicino alla linea blu a Labbouneh, sono caduti quando un caterpillar delle Idf ha colpito il perimetro e i carri armati dell’Idf si sono mossi in prossimità della postazione Onu. Le nostre forze di peacekeeping sono rimaste sul posto e una forza di reazione rapida dell'Unifil è stata inviata per assistere e rinforzare la posizione».
«Questi incidenti – ribadisce Unifil – mettono ancora una volta a rischio molto serio le forze di pace delle Nazioni Unite, che prestano servizio nel sud del Libano su richiesta del Consiglio di Sicurezza ai sensi della risoluzione 1701 (2006). Si tratta di uno sviluppo serio, la sicurezza del personale e delle proprietà delle Nazioni Unite deve essere garantita e l’inviolabilità delle sedi delle Nazioni Unite deve essere rispettata in ogni momento. Qualsiasi attacco deliberato contro le forze di pace costituisce una grave violazione del diritto umanitario internazionale e della risoluzione 1701 (2006) del Consiglio di Sicurezza».
ISRAELE
L’esercito israeliano, in riferimento alle esplosioni avvenute stamani nei pressi della base principale, precisa che si tratta di «incidenti» durante gli scontri di Hezbollah.
Quanto agli attacchi alla base italiana, fa sapere invece che «l’incidente è in fase di indagine e i suoi dettagli sono in fase di esame». «Trasmetteremo i risultati in maniera trasparente all'Italia. A questo proposito, l'attaché militare israeliano incontrerà oggi i vertici dell'esercito italiano per illustrare i dettagli dell'indagine. Israele agisce in modo trasparente e in stretta collaborazione con l'Italia e con Unifil che opera sul campo, e si rammarica per qualsiasi danno all'Onu e alle forze non coinvolte», si legge in comunicato dell'ambasciata di Israele in Italia.
«Purtroppo - si legge nella nota - l'organizzazione terroristica Hezbollah ha installato indisturbata le sue capacità militari vicino alle basi Unifil. Da tempo Hezbollah attacca Israele operando nei pressi di queste basi, sparando sul territorio israeliano e scavando tunnel nelle vicinanze delle suddette basi per trascinare Israele in qualche provocazione. Israele è costretto a rispondere a questi attacchi, per proteggere le proprie forze e l'incolumità dei propri cittadini. Israele ribadisce che non è interessato a un'escalation in Libano, ma è tenuto a proteggere i propri cittadini in conformità con il diritto internazionale».
Nella nota dell'ambasciata si sottolinea inoltre che «Israele apprezza gli sforzi dell'Italia per prevenire l'escalation nelle nostre aree e il suo contributo all'Unifil", ma «la comunità internazionale deve esigere il disarmo e il ritiro delle forze di Hezbollah in conformità con la risoluzione Onu 1701».
LE REAZIONI
«Una violazione del diritto umanitario internazionale», tuona il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. «I soldati italiani non si toccano, non sono militanti di Hezbollah», ribadisce il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, annunciando di aver scritto nuovamente al ministro degli Esteri israeliano. «Quel che sta accadendo è inaccettabile, ci sono prove inequivocabili che sono stati i soldati israeliani a sparare». E ancora: «Noi siamo amici di Israele, ma questo non deve trasformarsi nella possibilità di mettere a repentaglio la vita dei nostri militari, che sono lì per portare la pace e non per fare la guerra». La condanna agli attacchi è arrivata da più parti: dall’Unione Europea, da Berlino, Londra, Parigi, Pechino e Mosca.
CROSETTO: «NON CI RITIRIAMO»
Da giorni Israele chiede ai Caschi blu di allontanarsi per la loro sicurezza, la presenza dei peacekeeper secondo le autorità di Tel Aviv «ostacola» le operazioni israeliane contro Hezbollah (QUI I MOTIVI DEGLI ATTACCHI).
Ma il contingente italiano ha ancora una volta ribadito, questa notte, che «i militari italiani non abbandoneranno la base». E a rincarare la dose ci ha pensato il ministro della Difesa Guido Crosetto: «Siamo in Libano e ci rimaniamo, non saremo mai noi che ci spostiamo perché qualcuno ci dice, con la forza, di spostarci. Rimaniamo lì con la forza del mandato delle Nazioni Unite, non prendiamo ordini da nessuno». La decisione spetta comunque alle Nazioni Unite, ha ricordato Crosetto, che chiede una revisione delle regole di ingaggio e annuncia che il tema sarà affrontato dall’Onu la prossima settimana.
«Pretendo rispetto da Israele. Il rispetto dovuto ad una nazione amica impegnata in una missione di pace», ha aggiunto l’esponente del governo Meloni. Crosetto ha inoltre riferito di aver avuto colloqui con Israele in queste ore: «Cosa deve succedere la prossima volta, dobbiamo rispondere? Così ho detto, era una domanda provocatoria per la gravità dell’atto avvenuto».
ATTACCHI “DELIBERATI”
Ieri per la prima volta dall’inizio del conflitto Israele ha colpito le basi della missione di peacekeeping, nel settore ovest guidata dalla Brigata Sassari e di cui fanno parte 1.200 militari italiani, in gran parte sardi. Lo ha fatto «deliberatamente» provocando una levata di scudi del governo italiano, che ha convocato l’ambasciatore di Tel Aviv a Roma.
Dopo gli attacchi di ieri, durante una riunione tenutasi al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, Unifil ha deciso di trasferire temporaneamente 300 degli oltre 10mila peacekeeper schierati in Libano in basi più grandi per motivi di sicurezza.
(Unioneonline)