Perché Israele attacca Unifil, la missione di pace dell’Onu in Libano?
Secondo Tel Aviv i caschi blu ostacolano le operazioni contro Hezbollah. L’ambasciatore all’Onu: «Unifil dovrebbe compiere il suo dovere e cacciare Hezbollah oltre il fiume Litani»(Ansa)
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Perché Israele si spinge ad attaccare i caschi blu della missione Unifil in Libano?
Un attacco militare diretto, con carri armati e soldati dell’Idf che hanno aperto deliberatamente il fuoco contro le forze di peacekeeping delle Nazioni Unite (guidata dalla Brigata Sassari e di cui fanno parte circa 1.200 militari italiani, la maggior parte sardi), dopo che nei giorni scorsi Israele aveva invitato i militari dell’Unifil a ritirare le loro forze dall’area per ragioni di sicurezza. Richiesta che è stata respinta.
Tel Aviv vuole avere le mani libere e la missione di peacekeeping, secondo le autorità israeliane, ostacola le operazioni di guerra contro Hezbollah, facendo da scudo ai miliziani sciiti.
«Israele ha raccomandato più volte ai militari italiani dell'Unifil di ritirare parte delle loro forze dall'area per ragioni di sicurezza, ma purtroppo la richiesta è stata respinta. Israele sta investigando su quanto accaduto con grande attenzione e continuerà a compiere ogni sforzo possibile per non colpire le forze dell'Onu e le persone non coinvolte nel conflitto in corso con Hezbollah», si legge in una nota dell’ambasciata israeliana in Italia.
L’ambasciatore israeliano all’Onu, Gilad Erdan, intervenuto nella notte al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, è andato oltre: «Israele – ha detto – vuole un Libano sovrano, libero da Hezbollah e dall’Iran. Unifil e l’esercito israeliano devono farsi avanti, compiere il loro dovere e cacciare Hezbollah oltre il fiume Litani», corso d’acqua di circa 170 km che scorre parallelamente alla “Blue Line” da ovest a est e assume un’importanza strategica fondamentale nel conflitto tra Israele e Libano.
Tel Aviv, insomma, vuole che i caschi blu lascino la blue line per avere mani libere. Ma la decisione spetta al Consiglio di Sicurezza dell’Onu: «La presenza rimane, è importante rimanere», ha detto il portavoce di Unifil Andrea Tenenti. «In questi giorni ci è stato chiesto quotidianamente di spostarci, ma non lo abbiamo fatto adesso né nel 2006, è importante che ci sia la presenza, oggi, di più di 10.400 soldati da 50 Paesi».
Una presenza utile «non solo per il monitoraggio che in questo momento è abbastanza limitato (i militari scendono quasi sempre nei bunker, ndr) ma anche per assistere la popolazione civile. Ci sono migliaia di persone bloccate nei villaggi, è importante prestare loro assistenza».
(Unioneonline/L)