Ha lasciato il Cpr di Caltanissetta l'imam Mohamed Shahin in applicazione della decisione della Corte di Appello di Torino che si è pronunciata per la cessazione del suo trattenimento nella struttura. All'imam è stato consegnato un permesso di soggiorno provvisorio emesso dalla Questura di Caltanissetta. 

I giudici hanno accolto uno dei ricorsi presentati dagli avvocati dell'uomo, secondo cui anche alla luce di nuova documentazione non sussistono elementi che possono far parlare di sicurezza per lo Stato o per l'ordine pubblico.

L'imam era stato colpito da un provvedimento di espulsione firmato dal ministro Matteo Piantedosi per motivi di ordine e sicurezza pubblica.

La decisione della Corte, in particolare, è di «cessazione del trattenimento nel Cpr» disposto dal questore di Torino, in una delle fasi del procedimento, lo scorso 24 novembre. I giudici, dopo avere esaminato i «nuovi elementi emersi», hanno escluso «la sussistenza di una concreta e attuale pericolosità». Inoltre hanno sottolineato che Shahin è da vent'anni in Italia ed è «completamente incensurato».

Fra i «nuovi elementi» che erano stati presentati dagli avvocati dell'imam figuravano l'archiviazione immediata, da parte della procura di Torino, di una denuncia per le frasi che l'uomo aveva pronunciato lo scorso ottobre durante una manifestazione Pro Pal.

Sabato, da Torino a Roma, gli stessi pro Pal erano scesi in piazza per lui. «Siamo qui perché un nostro compagno, un nostro fratello, un uomo innocente - hanno affermato gli organizzatori di 'Torino per Gaza' al microfono - è rinchiuso nel Cpr. Mohamed ha camminato con noi per anni nelle strade per chiedere una Palestina libera. È un uomo che in oltre vent'anni trascorsi qui ha dimostrato cosa significa solidarietà, essere sempre dalla parte degli ultimi. Tutta la città ha detto con chiarezza che rivuole Mohamed, perché per noi rappresenta un pilastro: viene punito per aver scelto di non girarsi dall'altra parte».

Più volte lungo il percorso i manifestanti hanno sottolineato come l'imam pagasse per «avere dichiarato cose scomode» e hanno sollecitato Regione e Comune a intervenire per la sua liberazione. Ma per il ministro Piantedosi, intervenuto nel weekend ad Atreju, nella vicenda «non c'entra il fatto di essere un imam e non c'entra l'islam». C'entrano, piuttosto, «alcune frequentazioni e alcuni comportamenti che per motivi di sicurezza nazionale hanno indotto l'autorità ad assoggettarlo a quel provvedimento».

(Unioneonline)

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