«A partire da oggi lascio l'Università di Padova».

Lo annuncia Andrea Crisanti, senatore del Pd e ormai ex professore di Microbiologia dell'ateneo padovano. Ruolo che appunto ha deciso di lasciare a seguito dell'indagine sui tamponi rapidi della Procura di Padova e alla diffusione di alcune intercettazioni telefoniche (in onda stasera nella puntata di Report) che lo riguardano. «Voglio essere libero di prendere ogni decisione che mi riguarda, visto anche che vi sono molte intercettazioni che riguardano anche altri docenti dell'Università».

Tutta la vicenda ha a che fare con il ricorso diffuso da parte del Veneto ai test antigenici negli ospedali e nelle rsa per anziani e alla loro attendibilità. Sul caso la Procura ha aperto una inchiesta – sulla base di un esposto partito dallo stesso Crisanti – indagando Roberto Rigoli, ex coordinatore delle Microbiologie del Veneto e Patrizia Simionato, ex dg di Azienda Zero.

I due devono rispondere di falso ideologico e di turbata libertà di scelta del contraente. La prossima udienza è fissata per il 6 febbraio. Secondo l'accusa, Rigoli, incaricato di confermare l'idoneità clinico-scientifica dei tamponi, non avrebbe svolto correttamente il compito assegnatogli. Per Crisanti i test antigenici Abott acquistati dalla Regione Veneto nell'estate del 2020, tra la prima e la seconda ondata, sarebbero stati poco affidabili, circa al 70%, mentre per Rigoli la corrispondenza «è sovrapponibile nella totalità dei campioni esaminati».

Ad acquistare i test rapidi non è stato solo il Veneto (con una maxi commessa da 148 milioni di euro) ma anche altre cinque regioni. Report documenterebbe attraverso le intercettazioni il livello progressivo del deterioramento dei rapporti tra il presidente del Veneto Luca Zaia e Crisanti, a partire dalla paternità sui test effettuati su tutta la popolazione di Vo' Euganeo. Nelle intercettazioni, è l’accusa di Crisanti sul Corriere, Zaia «parla di me al telefono con fare intimidatorio» ed è «l’orchestratore di una campagna di diffamazione e discredito nei miei confronti, nonostante io abbia lavorato per la Regione e abbia preso posizioni decise proprio per salvaguardare la Regione stessa e soprattutto i pazienti e i cittadini del Veneto».

Il Veneto intanto affida la propria replica alle parole del legale di Rigoli, Giuseppe Pavan, e a una lunga nota dei vertici della Sanità regionale. Per Pavan, il suo assistito «ha fatto il proprio dovere» e lo stesso microbiologo «ha solo perseguito il bene pubblico». I vertici della sanità veneta difendono da parte loro la correttezza delle proprie decisioni. «La strategia della Regione del Veneto, tesa al perseguimento dell'obiettivo ultimo di prevenire il più possibile contagi, ricoveri e decessi - si afferma - si è sempre fondata, fin dalle prime fasi dell'emergenza pandemica, su indicazioni tecnico-scientifiche di livello internazionale e nazionale».

(Unioneonline/D)

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