Serena Mollicone fu aggredita e probabilmente uccisa in caserma. 

E’ quanto emerge dalla perizia, illustrata oggi in corte d’Assise a Cassino, dell'antropologa forense che ha svolto una consulenza dopo avere analizzato il corpo della 18enne di Arce uccisa nel 2001, dopo la riesumazione del cadavere avvenuta nel 2016.

Secondo il medico legale Cristina Cattaneo, negli ultimi istanti di vita della ragazza ci fu una colluttazione: il corpo presentava "ecchimosi e contusioni" e la 18enne potrebbe essere stata ferita con un colpo alla testa che l'avrebbe stordita. "E' una ipotesi molto probabile che il trauma cranico abbia provocato uno stordimento e poi la morte sia giunta per asfissia ma non abbiamo elementi per dirlo con certezza". 

In base alla perizia, le fratture riscontrate al cranio sarebbero dovute ad un colpo contro una superficie "ampia e piana". La consulente ha parlato di "compatibilità ottimale tra il cranio di Serena e la porta della caserma dei carabinieri di Arce contro cui sarebbe stata fatta sbattere". Un colpo violento dunque ma non fatale. Solo successivamente la testa di Mollicone sarebbe stata avvolta in un sacchetto di plastica provocando l’asfissia “meccanica”.

Nel processo, davanti al tribunale di Cassino, sono imputate cinque persone: il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, ex comandante della stazione di Arce, la moglie Anna Maria, il figlio Marco, il maresciallo Vincenzo Quatrale e l'appuntato Francesco Suprano. I Mottola e Quatrale sono accusati di concorso in omicidio e Suprano di favoreggiamento.

La ragazza, scomparsa il primo giugno 2001, fu trovata morta il 3 giugno nei boschi del Frusinate, la testa avvolta in una busta di plastica, le caviglie strette una all’altra da un filo di ferro e le braccia legate dietro la schiena. Che non era stata uccisa lì, per gli inquirenti, fu subito chiaro.

(Unioneonline/D)

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