"Mio fratello, per me, è come se fosse morto ieri".

È ieri infatti che a Rosaria Costa, la vedova dell'agente Vito Schifani, tra le vittime della strage di Capaci, è arrivata la notizia che proprio suo fratello è sotto inchiesta nell'ambito di un'indagine su un clan di Palermo. "Sono devastata", dice la donna che ai funerali del marito pronunciò la frase divenuta simbolo della ribellione alla mafia: "Io vi perdono, ma voi dovete inginocchiarvi".

"Mi hanno voluto colpire al cuore per quelle parole che ho detto. La mafia non mi fermerà, continuerò il mio impegno", scandisce oggi, definendo il fratello "un cretino" con il quale ha "rapporti rarissimi, saranno passati due anni" dall'ultima volta.

"Se le accuse saranno provate, dovranno buttare le chiavi della cella - aggiunge -. La legge è uguale per tutti. Mi dissocio da tutti, da mio fratello e da questi mafiosi che avvelenano il mondo. Mi telefonano tanti adesso, dicendo che mi sono vicini. Ma non sono vicina io a quest'uomo che il destino mi ha assegnato come una croce, adesso sono pronta a ripudiarlo".

Giuseppe Costa, accusato di associazione mafiosa, sarebbe affiliato alla famiglia di Vergine Maria per cui avrebbe tenuto la cassa, gestito le estorsioni, "convinto" con minacce le vittime - imprenditori e commercianti - a pagare la "tassa" mafiosa, assicurando alle famiglie dei mafiosi detenuti il sostentamento.

Ristoranti, negozi, concessionarie di auto, imprese: nel quartiere pagavano tutti e Costa sarebbe stato tra i collettori del pizzo. Gli inquirenti lo descrivono come pienamente inserito nelle dinamiche mafiose della "famiglia", tanto che, alla scarcerazione del boss della zona, Gaetano Scotto, per rispetto al padrino invita le sue vittime a dare il denaro direttamente a lui.

(Unioneonline/D)
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