cosa-nostra

(Ansa)
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il caso

Pizzini e incontri con Messina Denaro, sospesa per 10 giorni l'insegnante Laura Bonafede

Il provvedimento è stato preso in seguito alla «eco mediatica suscitata dal presunto legame tra lei e il boss»
L'arresto di Matteo Messina Denaro (Ansa)
L'arresto di Matteo Messina Denaro (Ansa)
caltanissetta

Stragi di Capaci e via D'Amelio, Messina Denaro non si presenta al processo

Il boss di Cosa Nostra è accusato di essere il mandante
Rosalia Messina Denaro (Ansa)
Rosalia Messina Denaro (Ansa)
palermo

Mafia, la sorella di Messina Denaro fa scena muta davanti al gip

La 68enne, considerata la «cassiera» del boss di Cosa Nostra, si è avvalsa della facoltà di non rispondere
L'ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro (Ansa)
L'ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro (Ansa)
palermo

Sicilia, Totò Cuffaro potrà ricandidarsi: estinta l’interdizione dai pubblici uffici

L’ex governatore era stato condannato a sette anni per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra
L'arresto di Matteo Messina Denaro (Ansa)
L'arresto di Matteo Messina Denaro (Ansa)
l’aquila

Messina Denaro, l’avvocata: «È in condizioni gravi, non so se lo stanno curando bene»

Durante l’interrogatorio di due giorni fa il procuratore aveva trovato il boss «lucido, sereno e con tutte le cure necessarie»
La poesia di Nadia Nencioni, nella foto a destra con la sorella Caterina (Ansa)
La poesia di Nadia Nencioni, nella foto a destra con la sorella Caterina (Ansa)
firenze

Messina Denaro: l’operazione “Tramonto” come la poesia di Nadia, uccisa a 9 anni nella strage dei Georgofili

La dedica alla bimba vittima nel 1993 dell’esplosione dell’autobomba con tutta la sua famiglia
Il boss Giuseppe Guttadauro (foto Ansa)
Il boss Giuseppe Guttadauro (foto Ansa)
palermo

Cosa Nostra, torna in carcere il boss “dottore” Giuseppe Guttadauro

Il chirurgo è coinvolto nell'inchiesta sulle talpe alla Dda con l’ex presidente Cuffaro
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reggio calabria

Addio a Maria Rosa Pilliu, insieme alla sorella Savina disse no alla mafia

Le due ogliastrine, trapiantate a Palermo, non si piegarono a Cosa Nostra

Un colpo al cuore dello Stato, un altro dopo la strage che a Capaci, nel tratto di autostrada che porta a Palermo, sotto il tritolo della mafia è caduto Giovanni Falcone: il 19 luglio 1992 in via D'Amelio, a Palermo, una Fiat 126 imbottita di esplosivo viene fatta saltare in aria nel momento in cui passa il giudice Paolo Borsellino. Il quale muore, insieme a cinque agenti di scorta (la sarda Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina). Qualche giorno prima, Borsellino rilascia due interviste, in cui descrive se stesso come un "condannato a morte", sentendosi ormai chiaramente nel mirino di Cosa Nostra. Soprattutto dopo l'attentato in cui muore Falcone, con cui tempo prima - nell'estate del 1985 - trascorre con le rispettive famiglie diversi giorni di preparazione al maxi processo contro la mafia in una foresteria del carcere dell'Asinara. 19 luglio 1992. Sono passati soltanto due mesi dalla strage di Capaci e l'Italia torna di nuovo a fare i conti con la mafia stragista. In via D'Amelio trovano la morte il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. In televisione si assiste inermi a un'altra devastazione. Una Fiat 126, imbottita con 90 chili di Semtex-H, è il nuovo avvertimento alla magistratura "perbene". L'auto parcheggiata sotto casa della madre di Borsellino salta in aria quando arriva il giudice. Nell'esplosione, con Borsellino, perdono la vita cinque uomini della scorta. L'unico sopravvissuto è l'agente Antonino Vullo, primo testimone a raccontare la vicenda: "Borsellino e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, mentre io ero rimasto alla guida. Stavo facendo manovra per parcheggiare la vettura che si trovava alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l'inferno. Ho visto una grossa fiammata, ho sentito sobbalzare la blindata. L'onda d'urto mi ha scaraventato dal sedile. Non so come ho fatto a scendere dalla macchina. Attorno a me c'erano brandelli di carne umana sparsi dappertutto". Borsellino lo sapeva. Dalla morte di Falcone era cambiato tutto e non sorrideva più. Ripeteva spesso la frase "Ora tocca a me", non appena saputo del carico di tritolo arrivato a Palermo. Non gli restava che velocizzare le indagini sulla morte di Giovanni e così fece. Nella sua agenda rossa annotava minuziosamente tutto. Un "diario prezioso" sparito dalla sua 24 ore pochi minuti dopo la strage. (Unioneonline/F)
Un colpo al cuore dello Stato, un altro dopo la strage che a Capaci, nel tratto di autostrada che porta a Palermo, sotto il tritolo della mafia è caduto Giovanni Falcone: il 19 luglio 1992 in via D'Amelio, a Palermo, una Fiat 126 imbottita di esplosivo viene fatta saltare in aria nel momento in cui passa il giudice Paolo Borsellino. Il quale muore, insieme a cinque agenti di scorta (la sarda Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina). Qualche giorno prima, Borsellino rilascia due interviste, in cui descrive se stesso come un "condannato a morte", sentendosi ormai chiaramente nel mirino di Cosa Nostra. Soprattutto dopo l'attentato in cui muore Falcone, con cui tempo prima - nell'estate del 1985 - trascorre con le rispettive famiglie diversi giorni di preparazione al maxi processo contro la mafia in una foresteria del carcere dell'Asinara. 19 luglio 1992. Sono passati soltanto due mesi dalla strage di Capaci e l'Italia torna di nuovo a fare i conti con la mafia stragista. In via D'Amelio trovano la morte il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. In televisione si assiste inermi a un'altra devastazione. Una Fiat 126, imbottita con 90 chili di Semtex-H, è il nuovo avvertimento alla magistratura "perbene". L'auto parcheggiata sotto casa della madre di Borsellino salta in aria quando arriva il giudice. Nell'esplosione, con Borsellino, perdono la vita cinque uomini della scorta. L'unico sopravvissuto è l'agente Antonino Vullo, primo testimone a raccontare la vicenda: "Borsellino e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, mentre io ero rimasto alla guida. Stavo facendo manovra per parcheggiare la vettura che si trovava alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l'inferno. Ho visto una grossa fiammata, ho sentito sobbalzare la blindata. L'onda d'urto mi ha scaraventato dal sedile. Non so come ho fatto a scendere dalla macchina. Attorno a me c'erano brandelli di carne umana sparsi dappertutto". Borsellino lo sapeva. Dalla morte di Falcone era cambiato tutto e non sorrideva più. Ripeteva spesso la frase "Ora tocca a me", non appena saputo del carico di tritolo arrivato a Palermo. Non gli restava che velocizzare le indagini sulla morte di Giovanni e così fece. Nella sua agenda rossa annotava minuziosamente tutto. Un "diario prezioso" sparito dalla sua 24 ore pochi minuti dopo la strage. (Unioneonline/F)
Cronaca Italia

#AccaddeOggi: 19 luglio 1992, Cosa Nostra uccide Paolo Borsellino

A meno di due mesi dalla strage di Capaci, un nuovo colpo della mafia al cuore dello Stato

La strage di Capaci (Ansa)
La strage di Capaci (Ansa)
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Il “pentito”, tra i responsabili della strage di Capaci, è uscito dal carcere di Rebibbia

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Perquisita anche la "cella" dove il bambino era stato segregato
Il carcere di Bancali (Archivio L'Unione Sarda)
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Macomer (foto inviata dal lettore)
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«Macomer, niente sale d’attesa in stazione: e noi pendolari fuori al freddo»

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